La commedia del Fondo Esuberi in Intesa Sanpaolo viene seguita col fiato sospeso dai colleghi che agognano di "scivolare" e con perplessità dagli sventurati che devono rimanere in un'azienda sempre più allo sfascio.
In particolare, molti fanno fatica a capire perché prima l'azienda ha dichiarato che circa 2.000 adesioni al Fondo erano di troppo e, subito dopo, proclamato 2.500 esuberi.

Già il nostro precedente volantino (Fondo Esuberi: sia fatta la volontà dell'azienda) evidenziava l'errore iniziale di aver lasciato mani libere all'azienda nella gestione delle uscite. Garantiti volontarietà, incentivi ed una manciata di assunzioni, i sindacati firmatari dichiaravano di aver siglato dei grandi accordi, incuranti delle conseguenze di un pesante taglio degli organici in assenza dell'integrazione delle due banche e senza aver ancora avviato processi di migrazione.
Oggi sul Fondo Esuberi si gioca una partita delicata, i cui termini sfuggono ai lavoratori, ma che possono avere conseguenze rilevanti.

L'azienda è molto contrariata dal fatto che alcune centinaia di lavoratori, che hanno già maturato il diritto alla pensione, si ostinino a non accettare l'uscita. L'allontanamento di questi lavoratori, ricorrendo anche ad un accordo che lo renda obbligatorio, rappresenta il primo scambio per "liberare" i 2.000 "esuberanti" tenuti in ostaggio. Ma non finisce qua: l'azienda lamenta il fatto di non avere stanziato a bilancio i fondi necessari per finanziare l'uscita dei 2.000 in eccesso. Per cui bisogna tagliare e risparmiare su altre voci: si parla del Vap e si mormora anche della cassa assistenza.

Riteniamo altamente deleterio che i sindacati trattanti conducano trattative di questo genere senza informare i lavoratori e spiegare su quali linee intendano muoversi.

Noi pensiamo alcune cose e chiediamo ai lavoratori di riflettere su queste proposte.

  • Chi ha già dato l'adesione al Fondo Esuberi ha maturato la legittima aspettativa di andarsene e deve avere la possibilità di farlo.
  • Va contrastato ogni accordo che preveda uscite obbligatorie. Certo, molti faticano a capire perché chi può andarsene non lo faccia, ma deve essere chiaro che, al di là del caso specifico, accettare il principio dell'obbligatorietà rappresenta un precedente pericoloso per tutti, per il futuro.
  • Non può essere accettato nessuno scambio peggiorativo per chi resta al lavoro.
  • Va rivisto il primo accordo sul Fondo che prevedeva un'assunzione ogni due uscite in filiale con ruoli commerciali. Questo meccanismo ha prodotto, in generale, un'assunzione ogni dieci uscite ed in filiale la sostituzione, in media, di una risorsa ogni tre. Data la pesante situazione degli organici, va richiesta la sostituzione di ogni uscita in filiale (compresi i casi, sempre più frequenti, di dimissioni per cambio di banca) e, parzialmente, anche di quelle in sede, perché anche lì la coperta comincia a diventare corta.

Chiediamo inoltre la conferma immediata per tutti i contratti di apprendistato ed a tempo determinato.

Come può reggere l'azienda tutti questi costi?
Abbiamo almeno due risposte:
La prima consiste nell'attingere dai due miliardi di Euro di extraprofitti derivanti dalla vendita di carne umana (i colleghi delle filiali cedute).
La seconda dall'autoriduzione delle indecenti stock options che i nostri bravi manager si sono autoassegnati.
Non si dica che facciamo demagogia! Il sistema incentivante, per i comuni mortali, prevede criteri molto selettivi per l'attribuzione dei premi.
Applicando gli stessi criteri, come si valuterebbero i nostri dirigenti che stanno portando la banca verso lo sfascio?

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Intesa Sanpaolo

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