Il 16 dicembre, nella tarda serata (come ci informano i sindacati firmatari e come pare sia diventata abitudine: forse vogliono dirci che lavorano fino a tarda ora?) è stato siglato un accordo con l'Abi sulle tutele occupazionali, cui è stato dato poco risalto in categoria dagli stessi firmatari.

L'accordo trae origine da problemi veramente gravi che si stavano creando in banche prevalentemente estere e/o di piccole dimensioni, dove però centinaia di lavoratori avevano perso il posto di lavoro o rischiavano di perderlo, come ricordato nel nostro volantino di novembre 2009 "E se domani vi svegliaste senza il contratto dei bancari?" ed in un precedente volantino sulla vicenda Fonspa.

L'accordo consta di diversi punti.

Uno è rappresentato dall'aggiornamento dell'importo dell'assegno previsto in caso di sospensione temporanea dell'attività di lavoro, una sorta di cassa integrazione per i lavoratori del settore. Qualche collega si è preoccupato per questa notizia, equivocando, poiché gli era sfuggito che non si tratta di una novità, in quanto è una misura già contemplata dall'accordo sul Fondo Esuberi e recepita nel D.M. n. 158 del 28 Aprile 2000 che ne regola il funzionamento.

L'assegno viene calcolato nella misura del 60% della retribuzione lorda con importi massimi aggiornati come segue:

  • euro 1.078 se la retribuzione lorda mensile è inferiore a 1.984
  • euro 1.242 se la retribuzione lorda mensile è compresa tra 1.984 e 3.137
  • euro 1.569 se la retribuzione lorda mensile è superiore a 3.137.

La vera novità è la nascita di una "sezione emergenziale" attraverso l'utilizzo del 20% delle somme accantonate e non utilizzate nella parte ordinaria del Fondo Esuberi, destinata alla formazione.

Qualora si verificassero situazioni di crisi occupazionale non gestibili attraverso il ricorso al Fondo Esuberi (argomento su cui ritorneremo) il lavoratore licenziato beneficerebbe per 24 mesi del trattamento di disoccupazione integrato nelle misure seguenti:

  • 80% della retribuzione tabellare lorda mensile spettante al lavoratore con un massimale pari a euro 2.220 lordi mensili per retribuzioni annue fino a euro 38.000
  • 70% della retribuzione tabellare lorda mensile spettante al lavoratore con un massimale pari a euro 2.500 lordi mensili per retribuzioni annue fino a euro 50.000
  • 60% della retribuzione tabellare lorda mensile spettante al lavoratore con un massimale pari a euro 3.500 lordi mensili per retribuzioni annue oltre euro 50.000.

L'integrazione sarebbe per il 50% a carico della sezione emergenziale del Fondo e per il 50% a carico dell'azienda coinvolta.

Durante questo periodo il lavoratore potrà beneficiare di corsi di formazione e riqualificazione professionale con possibilità di trovare un nuovo impiego attraverso forme di "outplacement", cioè l'aiuto di società specializzate nella ricerca di posti di lavoro al di fuori del settore.

In tempi di crisi questa possibilità si commenta da sola.

La vera ed importante novità, sulla quale, a nostro avviso, si misurerà la validità dell'accordo, è la possibilità di ricollocare il lavoratore licenziato in altre banche: le aziende del settore che assumeranno questo personale avranno l'incentivo di essere le beneficiarie dell'assegno previsto per i 24 mesi di disoccupazione.

L'accordo poi ribadisce la legittimità delle clausole contenute negli art. 18 e 19 del CCNL relative alle deroghe sul demansionamento di cui all'art. 2103 c.c. in caso di problemi occupazionali e prevede azioni comuni dei sindacati firmatari e dell'Abi per ottenere dal governo nuovi sgravi fiscali per il Fondo Esuberi e forme di decontribuzione/defiscalizzazione per il salario variabile.

Quest'ultimo punto dimostra che siamo in presenza di un pieno rilancio delle politiche concertative: prima si taglia il Vap (almeno nei grandi gruppi come Intesa Sanpaolo e Unicredito) e poi, insieme alla controparte, si va a battere cassa dallo stato per ottenere sgravi fiscali.

Un giudizio finale sull'accordo può articolarsi su questi punti.

La drammaticità di alcune realtà di crisi, ancorché circoscritte e limitate nei numeri, rendevano urgente assumere misure al riguardo.

La vera scommessa dell'accordo consiste nel funzionamento della riallocazione dei lavoratori all'interno del settore.

La quantità abbastanza modesta di risorse disponibili rende plausibile la tesi che l'accordo resti circoscritto alle situazioni di crisi già ricordate.

La possibilità di abusi è sempre in agguato anche perché il vincolo, per cui l'accesso alla parte emergenziale è subordinato al rispetto delle procedure contrattuali e di legge ed alla conclusione di un accordo sindacale, non ci lascia certo tranquilli conoscendo i sindacati che dovrebbero vigilare su questa tutela.

L'uso e l'abuso del Fondo Esuberi (abbiamo più volte ricordato l'incredibile uso preventivo adottato nelle fusioni di Intesa Sanpaolo e Unicredito Capitalia) ha mostrato un'eccessiva disinvoltura dei sindacati firmatari nell'accondiscendere i voleri aziendali.

Qui sta il nocciolo della questione: il disastroso contratto del '99 venne giustificato con la nascita proprio del Fondo Esuberi, l'ammortizzatore sociale che mancava alla categoria e che ci avrebbe garantiti dalle crisi occupazionali. In dieci anni il Fondo è stato usato dalle aziende, in linea di massima, per fare i propri comodi; di fronte a situazioni di crisi vere non ha retto alla prova e si è stati costretti a ricorrere ad una nuova "sezione emergenziale".

Non vorremmo che anche questa divenisse il pretesto per giustificare qualche nuovo, pesante, arretramento normativo e salariale per la categoria.

Teniamo gli occhi aperti, anche perché in premessa è stato dichiarato che il fondo esuberi è ormai troppo oneroso. Ogni accordo "concesso" dalla controparte e non conquistato con la lotta dei lavoratori prevede qualche doloroso corrispettivo. La questione ha tutta l'aria di non finire qui.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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