La verifica sulla procedura avviata con l'accordo del 11 aprile 2013 per i 600 esuberi ha dato i seguenti risultati: 52 domande di pensionamento da parte di chi ha raggiunto i requisiti per la pensione e 146 adesioni al fondo di solidarietà.
Sulla base di questi dati, per coloro che non hanno aderito ai pensionamenti volontari, pur avendo maturato i requisiti, sono state avviate le procedure di licenziamento con accordo sindacale sulla base della Legge 223 sui licenziamenti collettivi.
E' una legge dal nome sinistro che, in altri settori, richiama situazioni drammatiche di crisi e di tagli occupazionali e che, in mancanza di accordi sindacali sui criteri per operare i tagli, determina il licenziamento dei lavoratori più giovani e/o con minori carichi di famiglia. Qualcuno penserà che mandare via chi avrà comunque un reddito ed ha rinunciato ad uscire con l'incentivo non sia così scandaloso, tanto più che quest'operazione dovrebbe portare ad un numero corrispondente di assunzioni. Tuttavia, a parte il fatto che non riteniamo opportuno entrare nel merito di scelte individuali che meritano rispetto, ci sono altri aspetti che vanno considerati insieme al contesto in cui avviene tutto questo.

Questa procedura, in un gruppo di cui fanno parte decine di migliaia di lavoratori viene attivata per 45 dipendenti! Siccome l'operazione viene posta in essere nelle singole aziende, accade che in alcune di esse (C.R. Veneto, C.R. Rieti, Banca di Credito Sardo) gli esuberi siano di 1 unità!!! L'aspetto diventa grottesco non solo per il numero, ridicolo in sé, ma anche perchè l'attivazione della legge sui licenziamenti collettivi per 1 lavoratore potrebbe risultare impraticabile…

L'attivazione della Legge 223 rappresenta una novità (non assoluta, è già successo in altri gruppi come Unicredit) per il settore del credito ed assume un valore altamente simbolico. Risale solo al 6-10-2011 un comunicato dal titolo significativo, "la Fabi sbarra il passo ai licenziamenti", dove si manifestava la volontà di contrastare fermamente l'applicazione della Legge 223. Ormai l'offensiva aziendale travolge ogni barriera che, di volta in volta, veniva considerata invalicabile.
Questo vale anche per la Falcri che nel 2008 si rifiutò di firmare l'accordo sul Fondo di Solidarietà. Per questa mancata firma venne "punita" e relegata al secondo tavolo.
Oggi il tentativo spasmodico della dirigenza Falcri di Intesa Sanpaolo di rientrare nei ranghi ed essere riammessa al primo tavolo determina un prezzo da pagare: la firma su questo accordo e l'implicita abiura del percorso degli ultimi 5 anni. Solo qualche struttura tarda ad allinearsi, come la Falcri Banco Napoli che ha rifiutato di firmare la procedura per i licenziamenti.

Sono inoltre stati esclusi dalla procedura di licenziamento 7 risorse "irrinunciabili".
Ricordiamo che gli accordi consentono all'azienda di trattenere in servizio un numero limitato di lavoratori di cui non può proprio fare a meno. La Fabi Torino ci aveva tenuto a rispondere alle nostre critiche al riguardo affermando che ciò dà facoltà di rendere trasparente l'operazione e di conoscere l'identità degli esclusi. Restiamo quindi in attesa che la notizia venga pubblicizzata….

Va infine considerato il contesto in cui si situa questa vicenda.
Dai comunicati dei sindacati del primo tavolo apprendiamo che nel biennio 2011-2012, a fronte di 5717 uscite, sono entrati 1436 lavoratori. Nel 2013 sono già usciti 788 dipendenti in attesa degli effetti di questo ultimo accordo; in totale fanno meno 5000 lavoratori in organico.
Tutto questo accade mentre le filiali, anche per l'introduzione degli orari estesi, scoppiano ed i trasferimenti da sedi e ISGS, fino ad oggi, hanno subito intoppi e ritardi: su 260 colleghi di ISGS che avevano manifestato disponibilità a tornare in rete, metà hanno ritirato la candidatura. Non è chiaro fino a che punto i colloqui con le funzioni del Personale li abbiano "disincentivati" o la prospettiva dei turni in filiale li abbia spaventati.

A questo punto è troppo comodo per i sindacati firmatari cavarsela denunciando le carenze organizzative dell'azienda nella gestione dei nuovi orari.
Il problema non risiede solo nelle incapacità gestionali dei top manager del gruppo, ma anche nel fatto che i sindacati che avrebbero dovuto contrastarli hanno firmato per il prolungamento degli orari senza avere un mandato dei lavoratori, senza aver previsto regole e garanzie e mentendo sugli sviluppi occupazionali che tutto ciò avrebbe determinato.

Ipocrita è anche recriminare sulle ore di lavoro regalate con lo straordinario non compensato. Quando in un accordo sindacale si firma di condividere l'obiettivo aziendale di ridurre gli straordinari (nel contesto che abbiamo descritto) è evidente che il risultato non sarà la limitazione (condivisibile) dello straordinario, ma il suo mancato compenso.
Fermo restando che invitiamo i lavoratori a non fermarsi al lavoro se non autorizzati, sull'argomento attiveremo iniziative concrete per porre fine a questo scandalo.

Per chiudere l'argomento, rileviamo che, pur con l'attivazione dei 45 licenziamenti, mancano circa 350 risorse per arrivare ai 600 esodi programmati.
Vedremo che intenzioni avrà la controparte, tanto più che il dott. Micheli (ma non sarebbe anche lui in età da pensionamento???) ha appena dichiarato che per i prossimi esodi la copertura dell'assegno dovrà scendere al 50% dello stipendio (si veda l'ultimo comunicato del Comitato No al contratto aiuta-banchieri).
E' ovvio che ormai la tracotanza della controparte non ha più freni.
Ci rivolgiamo ai lavoratori per costruire insieme la resistenza alle pretese dei banchieri di scaricare sui dipendenti i prezzi dei loro errori gestionali.
Diciamo chiaramente che sono i banchieri ed i top manager (che non sono mai chiamati a rispondere dei propri errori) gli unici, veri, esuberi!

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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