Le lame “incrociate” in realtà non si toccano!  I bancari nel mezzo…

La trattativa per il rinnovo del CCNL del credito è iniziata il 18 giugno e proseguita negli incontri del 23 e 30 giugno.  E’ arduo definire trattativa una sessione di tre incontri in cui le parti hanno illustrato alla controparte le proprie posizioni, con l’esito finale di un comunicato scarno, laconico ed elusivo. Proveremo tuttavia a descrivere ciò che abbiamo capito, ciò che già ci fa arrabbiare  e ciò che invece fa rabbrividire.

Nel primo incontro del 18 giugno i sindacati hanno consegnato e  illustrato all’ABI  un lungo documento, redatto evidentemente dagli esperti dei propri uffici studi, sul “nuovo modello di banca”. Si tratta di un documento dai contenuti molto “tecnici”, che si conclude però con un finale molto “politico” con delle proposte assolutamente criticabili. La principale asserzione riguarda infatti la proposta di costituire un consorzio dove infilare tutte le attività di back-office al fine di rafforzare l’area contrattuale. Ci chiediamo da dove sia uscito questo uovo di Colombo, visto che negli ultimi anni tutti i lavoratori, a partire naturalmente da quelli direttamente coinvolti, hanno tentato in ogni modo di contrastare la formazione dei consorzi, visti giustamente come un’iniziativa aziendale tesa a sganciare un segmento lavorativo dal contratto del credito al fine di poter un giorno applicare norme, accordi e trattamenti retributivi meno costosi    (-20% di stipendi, 40 h settimanali di lavoro, inquadramenti inferiori). Incuranti di questa resistenza dal basso, i sindacati hanno sempre firmato, tra feroci polemiche, accordi che consentivano la formazione dei consorzi di Gruppo, limitandosi a chiedere garanzie occupazionali e normative “a tempo”, destinate a decadere dopo un certo numero di anni.

Non paghe di questa erosione progressiva dell’area contrattuale, le organizzazioni sindacali firmatarie fanno ora un salto di qualità, proponendo esse stesse la costituzione di un consorzio “di settore” che risolva i problemi anche di quelle aziende o quei gruppi che ancora non hanno provveduto autonomamente. La giustificazione è  “preventiva”: lo proponiamo noi ai banchieri così riusciamo a preservare l’area contrattuale del credito. Della serie: se ci facciamo del male da soli sarà meno doloroso…

La proposta è evidentemente inaccettabile, nel merito e nel metodo: come si permettono di estrarre dal cilindro una cosa di questa portata senza averla mai discussa con i lavoratori? Perchè non hanno espresso le loro intenzioni nel giro di assemblee che si è concluso due mesi fa? Perchè non prendono atto che il CCNL del 2012 sul  punto dell'”insourcing” è totalmente disatteso, visto che alcune aziende (MPS con Fruendo e Unicredit con Ubis) hanno fatto esattamente l’opposto, esternalizzando e cedendo attività, così come sembra orientata a fare BNL?

Nel 2^ incontro del 23 giugno l’ABI ha sostanzialmente respinto il modello di banca proposto dai sindacati, con la prevedibile e scontatissima affermazione che “i problemi sono altri”. In particolare i banchieri hanno chiarito che non intendono accettare interferenze nell’organizzazione del lavoro e delle attività.

Infine, nel 3^ incontro del 30 giugno, l’ABI ha tirato fuori la propria piattaforma, che del resto circola da quasi un anno (vedasi il documento di agosto 2013, propedeutico alla disdetta del CCNL avvenuta poi a settembre, o la “bibbia” dell’ABI fatta circolare a gennaio 2014, prima della piattaforma ufficiale dei sindacati firmatari). In questo documento vengono ancora una volta ripresi ed aggiornati i temi che l’ABI intende porre al centro del rinnovo, che sono, lo ricordiamo:

  • la separazione tra attività commerciali ed attività amministrative, destinate ad avere normative contrattuali e trattamenti retributivi diversi;
  • l’adozione del contratto di lavoro autonomo per i promotori finanziari e le altre figure assimilate;
  • la riduzione dei costi attraverso massicce chiusure di filiali e drastici tagli occupazionali;
  • la possibilità di un largo ricorso al demansionamento professionale;
  • la revisione radicale dei livelli di inquadramento accorpandoli da 13 a 6;
  • il blocco di ogni aumento salariale per almeno un biennio.

Inoltre l’ABI ha chiaramente fatto capire che non è così scontata la tabellizzazione dell’E.D.R., cioè l’inserimento definitivo in busta paga degli aumenti provvisori derivanti dal CCNL 19/1/2012. Sembra molto più probabile l’intenzione di usare questo elemento, che sembrava acquisito, come arma di scambio al tavolo contrattuale.

La “trattativa” si è così spiaggiata, in attesa dell’Assemblea annuale dell’ABI, tenutasi il 10 luglio, con annesso rinnovo delle cariche. Per la cronaca, è stato confermato Patuelli come Presidente e nominato Roberto Nicastro (d.g. Unicredit) come vicario, mentre scompare dai radar Francesco Micheli, in precedenza Vice-Presidente onnipotente, nonché Capo Delegazione trattante.

Nella prima riunione del Comitato Esecutivo (23 luglio) sarà nominato il suo successore  e definita la “nuova” linea padronale, poi le parti effettueranno un ulteriore incontro entro fine luglio per discutere ancora di  tabellizzazione dell’EDR (come previsto dal dettato contrattuale).

Per settembre è stato “promesso” un giro di assemblee  che  faccia il punto della situazione e definisca il percorso vertenziale.

Manteniamo alto lo stato di allerta, sia per prevenire colpi di mano estivi, sia per evitare ulteriori danni all’impianto contrattuale. Informare sui contenuti degli incontri, sulle ricadute occupazionali, normative e retributive delle questioni affrontate, sulle conseguenze di scelte e strategie, sarà nostro preciso impegno anche durante i mesi estivi.

Dobbiamo essere pronti a reagire, soprattutto nel caso in cui la trattativa prendesse un binario diverso dai temi discussi con i lavoratori e si profilasse un’ipotesi di accordo, sotto dettatura dell’ABI, nuovamente peggiorativa.

Sappiano lorsignori che li teniamo d’occhio!

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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