Molti lavoratori hanno letto con stupore il comunicato dei sindacati firmatari a commento dell’accordo sugli esodi: “solo il senso di responsabilità del Sindacato e il rispetto verso tanti colleghi e colleghe interessate da questo provvedimento ha permesso di raggiungere questo obiettivo. Infatti, è di qualche giorno fa la notizia del provvedimento di licenziamento – con effetto immediato – di due colleghi di Intesa Sanpaolo Casa”.

La vicenda di questa tornata di esodi è nota: il governo ha appaltato il salvataggio delle banche ex venete a Intesa Sanpaolo, conferendo tutte le attività per la cifra simbolica di un euro e finanziando, con soldi pubblici, 4.000 uscite (di cui 1000 delle banche ex venete) con Fondo di Solidarietà. Il tutto con l’intimazione della banca al Parlamento a votare il decreto senza modificare una virgola, pena il venir meno dell’operazione.

La trattativa sindacale non era, quindi, particolarmente complicata, ma, per dimostrare di esistere, i sindacati al tavolo hanno rivendicato come conquista l’allargamento della platea di chi poteva accedere all’esodo, consentendone l’adesione anche a chi maturerà il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2023 (un anno in più). Alcuni lavoratori ci hanno fatto notare che, un tempo, erano le aziende a premere per gli esodi, ma nella nostra categoria succedono cose originali.

Ad esempio, in genere, per aumentare l’occupazione si riduce l’orario, noi invece lo aumentiamo: il Fondo per l’Occupazione, come noto, è alimentato dal conferimento di una giornata di banca ore/ex festività, quindi si finisce per lavorare di più.

Nel caso dell’esodo, i sindacati al tavolo hanno pensato bene di dare rappresentanza al diffuso desiderio di fuga presente in categoria, trovando, da parte aziendale, le porte non aperte, ma spalancate. Ribadiamo che i sindacati firmatutto dovrebbero interrogarsi sulla bontà della loro contrattazione, in presenza di lavoratori che non vedono l’ora di andarsene.

Magari, trattando sugli esodi, non sarebbe male chiedere spiegazioni e risolvere lo scandalo delle numerose ore di lavoro supplementare non compensato e giustificato con la causale NRI.

Venendo alla vicenda di Intesa Sanpaolo Casa, purtroppo non possiamo sorprenderci troppo. Da tempo, anche in questa azienda del Gruppo, le pressioni per raggiungere i risultati sono aumentate in modo vertiginoso, con tutto il corollario di riunioni e messaggi (anche scritti) in cui l’arroganza e la maleducazione di alcuni responsabili hanno rotto ogni freno inibitore.

Dopo tante chiacchiere, la situazione di Intesa Sanpaolo Casa si mostra in tutta la sua cruda realtà: ai nostri colleghi viene chiesto di dare sempre di più, con orari più lunghi (40 ore settimanali, quando bastano), paghe più basse ed il miraggio di incentivi legati ad obiettivi irraggiungibili. Tanto, se la carota non funziona, si puòagevolmente maneggiare il bastone del job’s act. Infatti le assunzioni in Intesa Sanpaolo Casa sono avvenute sfruttando la legge del governo Renzi e se qualcuno aveva dubbi su come funzionasse il “contratto a tutele crescenti”, adesso avrà tutto più chiaro.

 Resta l’amarezza per un’azienda che si era appena vantata di non aver usato lo strumento dei licenziamenti per gestire la vicenda delle ex banche venete. Si chiarisce peraltro come i nostri top manager intendano i rapporti con lo stato: se arrivano finanziamenti si attivano strumenti morbidi per gestire le eccedenze di personale, se la legge consente di avere mano libera non si esita ad usare lo strumento concesso dal governo.

L’insieme di questi fatti conferma la validità della piattaforma per lo sciopero generale del 27 ottobre: dobbiamo riconquistare diritti, dobbiamo rivendicare politiche generali del tutto diverse, bisogna arginare la dilagante arroganza delle aziende.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Gruppo Intesa Sanpaolo

questo post è stato letto10016volte