Questa volta non c’è stato alcun bisogno di formidabili pressioni per raggiungere sfidanti obiettivi. La nuova offerta di Intesa Sanpaolo, denominata ESODO, ha avuto un successo incredibile: circa 6.500 adesioni su una platea di poco più di 8.000 potenziali clienti (lavoratori). Se ne vogliono andare tutte/i. Dal nord al sud, dalla rete alle sedi, dai sindacalisti “duri e puri” agli incalliti carrieristi. Cassieri e gestori ma anche direttori, capi e capetti; persino i più canuti protagonisti dei video-trash e delle convention karaoke. Una fuga di massa.

Alcuni anni fa (nemmeno troppi per la verità) si diceva che far andare via i “vecchi” bancari senza convincenti incentivi era pressoché impossibile. Naturalmente poi c’è stata la Fornero (con lo spauracchio dei 67 anni per tutti) e ci sono state le sempre più frequenti crisi aziendali (ed i concreti rischi di licenziamenti). Ciò nonostante fa impressione che nella solidissima prima banca del paese abbia un simile riscontro il primo piano di prepensionamenti a condizioni assolutamente standard.

Ma la nostra Banca non era il luogo dove si faceva la storia, dove ci si cullava nell’ambizione di essere il più bel posto dove lavorare, per le cui iniziative sociali ci si poteva commuovere in pubblico, dove l’attenzione alle persone era massima in quanto ricchezza del gruppo per l’oggi e per il domani? Forse sarebbe il caso di fermarsi un attimo a riflettere sulle figuracce che si inanellano, una dopo l’altra, quando si fa un uso così smodato di vuoti slogan retorici che nulla hanno a che vedere con la realtà. Che poi presenta il conto.

Sappiamo benissimo che dietro affermazioni del tipo “cercheremo comunque di accontentare chiunque voglia andarsene” c’è sempre stata la ben più prosaica intenzione di utilizzare subito e fino all’ultimo euro il tesoretto di fondi pubblici con i quali viene scandalosamente finanziata l’intera operazione. E che questo vuol dire che saranno ben più di tremila le uscite programmate nel perimetro Intesa Sanpaolo (piano industriale compreso, se serve).

E tuttavia, di fronte ai numeri che oggi sono sul tavolo, cresce l’imbarazzo e la preoccupazione sul come potrà essere gestito il processo e su quali conseguenze avrà su motivazioni, produttività, livelli di competenze professionali e, alla fine, risultati commerciali della truppa.

Il tutto, ovviamente, complicato in misura esponenziale dalla contestuale (e non semplice) integrazione delle banche venete. Ma si sa, l’unica sciocca strategia che questa dirigenza sembra conoscere di fronte al cambiamento (sia esso di un sito internet, delle procedure di filiale o del posto di lavoro e delle mansioni di migliaia di colleghi) è quella che prevede il rispetto messianico di date incautamente fissate a tavolino con lo scarico postumo dei mille disservizi provocati su lavoratori e clientela (lontano dalle luci del palcoscenico). Insomma, fretta ed approssimazione a scapito della qualità.

Quanto capiamo chi va via! Quanto lavoro abbiamo da fare al fianco di chi resta!

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Gruppo Intesa Sanpaolo

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