da Segreteria CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo
a
lavoratrici e lavoratori Ubi Banca

 

Intesa Sanpaolo compra Ubi, chi si preoccupa dei lavoratori?

Cari/e colleghi/e,

da tempo ricevete i comunicati del nostro sindacato di base.

Non molti, purtroppo, perché la nostra presenza in UBI è sempre stata ridotta, nonostante i tentativi di ampliare la base di consensi.

L’OPS portata a termine da Intesa Sanpaolo disegna nuovi scenari pieni di incertezza.

In questa operazione quasi un terzo delle filiali di UBI verranno cedute a BPER: sono il tributo sacrificale previsto per poter realizzare la fusione in ottemperanza  alle condizioni imposte dall’Antitrust.

Abbiamo sempre considerato sgradevole essere considerati alla stregua degli arredi delle filiali, che possono essere ceduti al miglior offerente: ci sarà, in aggiunta a quanto detto, anche la cessione all’asta di altre 17 filiali.

Anche se non è detto che sia utile e desiderabile “tornare indietro”, va detto, peraltro, che la cessione dei lavoratori nell’ambito del presunto ramo d’azienda è discutibile sul piano legale: un nostro tentativo di metterla in discussione, in passato, non è riuscito per un pelo e non è detto che non si possa ritentare.

Per chi invece arriverà in Intesa Sanpaolo (dove la presenza del nostro sindacato è più robusta, anche se ancora insufficiente per essere incisivi come vorremmo) si aprono comunque scenari complicati.

Se già il passaggio dalle vecchie banche alla nascita del Gruppo UBI è stato traumatico, questo rischia di non essere da meno.

La realtà lavorativa quotidiana dovrà scontrarsi con decisioni, spesso incomprensibili  e cervellotiche, e comunque con strutture impersonali con le quali l’interlocuzione è spesso impossibile. Il tutto esasperato dalla pressione per tagliare i costi e recuperare il ritardi nei risultati commerciali.

Sul piano normativo, poi, Intesa Sanpaolo ha fatto da apripista per iniziative molto discutibili. E’ stata la prima (e si potrebbe dire l’unica) a sfruttare le “opportunità” del contratto del 2012 tenendo le filiali aperte fino alle 20. Una scelta che poi è stata solo parzialmente ridimensionata (con chiusure alle 18,30 / 19,00) prima del ripristino dell’orario standard a causa dell’emergenza coronavirus…

Per non parlare poi del lancio dei “contratti misti”: assunzioni per giovani che lavorano per due giorni come dipendenti e per tre come consulenti a Partita Iva, con il risultato di non riuscire a mettere insieme uno stipendio decente.

Per completare lo scenario, ricordiamo che nel 2016 Intesa Sanpaolo (che i suoi top manager amano definire “la più bella banca del mondo”) è stata sanzionata per mancato rispetto delle norme sullo stress lavoro correlato.

Il tutto è partito da un nostro esposto, rispetto al quale l’azienda è corsa ai ripari per cercare di coprirsi da nuove iniziative legali, ma, rispetto ad allora, la situazione è peggiorata.

Quello che non cambia, in UBI come in Intesa Sanpaolo, è il ruolo acquiescente dei sindacati concertativi. Ma nel secondo caso stiamo arrivando ad un salto di qualità inquietante: se prima lamentavamo che le trattative venivano svolte su piattaforme non sottoposte all’approvazione dei lavoratori, ora il problema è risolto, perché le piattaforme sindacali non ci sono proprio.

Il recente accordo sugli inquadramenti è stato una rinfrescata di quello siglato nel 2015 e rivisto nel 2018, quando la trattativa (si fa per dire) venne svolta sulla base delle slide presentate dall’azienda!

Tutto questo per dire che per affrontare il futuro, qualunque esso sia, l’unica possibilità è di autorganizzarsi per difendersi, non cadendo nel solito tranello dei sindacati concertativi che cercano di tranquillizzare con la promessa: “ci pensiamo noi”.

Nessuno ci regalerà nulla: per difenderci dobbiamo organizzarci autonomamente ed il sindacato di base, per chi lo vorrà, è pronto a dare il proprio contributo.

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