INTESA SANPAOLO SENZA APPUNTAMENTO

L’azienda ha deciso che dal 9 dicembre si potrà tornare ad accedere alle casse senza appuntamento, ad eccetto delle “zone rosse”.

E’ una decisione grave e fortemente rischiosa per gli assembramenti che inevitabilmente verranno a crearsi fuori dagli sportelli, in attesa del proprio turno.

Come evidenziamo nel volantino allegato, la clientela ha le proprie ragioni, soprattutto quella meno attrezzata ad accedere ai servizi digitali e bisognosa di operazioni essenziali (come i pagamenti delle imposte statali o i tributi locali).

La responsabilità ricade interamente sull’azienda, che in questi mesi non ha modificato la propria organizzazione, per adeguarsi all’emergenza.

Ha pensato solo a tagliare i costi e ridurre gli organici, perseguendo in modo ossessivo l’obiettivo di eliminare le casse e raggiungere gli obiettivi commerciali.

I vuoti di organico legati agli esodi e all’epidemia devono essere riempiti con un corposo piano di assunzioni, che non può più attendere.

Buona lettura!

REVOCARE QUESTO STRANO APPUNTAMENTO, E’ STATA UNA PAZZIA…

Nel pieno di una nuova stretta repressiva per arginare la ripresa del contagio, per risollevarci il morale, la banca ha comunicato che dal 9 dicembre non ci sarà  più l’obbligo di appuntamento per le operazioni di cassa (tranne che per zone rosse e filiali senza plexiglass), sostituito dall’accesso “contingentato” ( ma da chi, se le filiali sono sempre più svuotate di personale?).

Ci sembra una decisione sbagliata e improvvida, che tende ancora una volta a privilegiare le ragioni  commerciali  durante il periodo natalizio, rispetto a quelle della tutela della salute dei lavoratori ( e in ultima battuta anche dei clienti).

È facile prevedere che aumenteranno gli assembramenti fuori dalle filiali ( tra l’altro al freddo della stagione invernale, così come nell’”apertura” precedente, quella estiva, i clienti si scioglievano al caldo sui marciapiedi). E’ ancora peggio quando tutto questo avviene nei ristretti spazi delle aree bancomat, con conseguente aumento dei  rischi di contagio.

La giustificazione formale del passaggio di alcune regioni da “zona rossa” ad arancione, o gialla, è per l’appunto solo formale: tutti sanno che qui si recita a soggetto e i dati sono interpretati in modo variabile. Ora bisogna far prevalere l’ottimismo (o la sottovalutazione), sulla spinta di enormi pressioni delle Regioni, a loro volta pressate dagli interessi economici danneggiati dalle limitazioni in essere.

Tutti sanno che tra pochi giorni  tutte le Regioni diventeranno gialle per favorire il solito rituale consumistico del Natale (celebrato in solitudine, ma con tanti acquisti sulle piattaforme on-line)  e inoltre ci sono importanti scadenze fiscali, di cui bisogna agevolare la riscossione, per rifinanziare le esauste casse di Stato, Regioni, Comuni.

Dopo 10 mesi dall’inizio dell’epidemia, ci sono ancora filiali dove manca il plexiglass e dovunque scarseggiano gli steward, che hanno l’ingrato compito di regolare gli accessi.

In realtà l’atteggiamento ondivago della banca evidenzia le contraddizioni di un posizionamento del tutto inadeguato rispetto alla gravità dei problemi sul tappeto.

Mentre all’inizio la banca ha reagito attivamente ad una crisi di tipo nuovo (con la donazione di 100 milioni di euro, la rinuncia a parte dell’emolumento da parte degli amministratori, la disponibilità immediata di una linea di credito di 50 miliardi all’economia, anticipando i provvedimenti governativi), nella fase successiva la banca si è persa per strada…

Mentre implementava una serie di misure obbligate per rispettare i protocolli di sicurezza previsti dalla normativa e dagli accordi (smart working, smart learning, turnazioni, congedi parentali, e così via), l’azienda non è riuscita a liberarsi dall’ossessione per i risultati commerciali, da conseguire anche in una situazione così straordinaria.

Quello che è ancora più grave è che non è riuscita a ricalibrare la propria organizzazione in funzione delle esigenze della clientela, che sono radicalmente cambiate nel nuovo contesto.

A fronte di difficoltà oggettive ad utilizzare i canali digitali da parte di una parte molto ampia della clientela, anziana e poco avvezza ad utilizzare strumenti evoluti, la banca non ha saputo e voluto rispondere.

Ha cercato di mantenere invariata la propria cadenza commerciale, passando all’offerta a distanza, ma non era certo questa la strada per affrontare i problemi. Anzi, la chiusura mentale ha persino impedito di prendere in considerazione  le problematiche e delineare una strategia di soluzione con un progetto mirato.

Sia nella gestione delle richieste di moratoria e di liquidità (istruzioni poco chiare, procedure complicate, connessione inadeguata), sia nella gestione delle comuni operazioni di filiale, non sono state messe in campo le risorse e le capacità organizzative adeguate.

Il contingentamento degli accessi in filiale e l’accesso tramite appuntamento hanno finito per danneggiare soprattutto l’utenza di massa,  considerata residuale e poco redditizia, che aveva prevalentemente bisogno di servizi di cassa, oppure di risolvere problemi tecnicamente impossibili da gestire a distanza (disconoscimenti, blocchi contratti internet, carte smagnetizzate, procedure amministrative e così via).

Anziché assumere il problema e risolverlo in modo contingente e tempestivo (ad esempio riaprendo, anche solo temporaneamente, un adeguato volume di postazioni di cassa per smaltire l’arretrato), la banca ha preferito isolarsi in una torre d’avorio da difendere strenuamente, tagliando ogni contatto con l’esterno che non producesse “risultati”.

Lo dimostra il numero impressionante di telefonate inevase, di richieste di appuntamento rifiutate, di contatti rimandati alle calende greche, di inaccessibilità sostanziale ai servizi.

Per una società di servizi che vive di relazione si tratta di un errore gravissimo. Ma chi decide ai piani alti può permetterselo, perché le conseguenze ricadono su chi sta in basso, nella rete e nella fossa dei leoni.

La diatriba su appuntamenti o contingentamenti non ha quindi molto senso, quando il vero problema sta nella fallimentare strategia della banca nel gestire l’emergenza: mentre la filiale New Concept si rivelava del tutto disfunzionale al distanziamento, le pochissime casse rimaste aperte (nelle filiali che si sono salvate dalla chiusura) sono risultate drammaticamente insufficienti e l’esasperazione della clientela è cresciuta a dismisura. Gli assembramenti, prevedibili dopo la nuova inversione di rotta, saranno certamente occasioni di contagio, ma soprattutto forieri di stress e tensione con la clientela, che sempre più spesso tendono a sfociare in aggressioni verbali e purtroppo anche fisiche.

Se la tutela della salute di chi lavora deve essere la priorità assoluta per un sindacato, bisogna anche comprendere le ragioni di quella clientela che deve fare i conti con scelte aziendali sbagliate. Da questo punto di vista consideriamo irresponsabili le dichiarazioni di soddisfazione per i risultati raggiunti anche in queste condizioni avverse (che trapelano nei vari incontri trimestrali dei sindacati con le Direzioni Regionali), oppure le pressioni commerciali che vengono esercitate sui gestori anche in questa ultima parte dell’anno.

E’ proprio il caso di dire, come qualcuno ha fatto notare,  che all’aggressività “esterna” della clientela corrisponde l’aggressività “interna” dei responsabili. E in un anno come questo non ci sembra proprio che i colleghi meritino questo trattamento. E’ un metodo inaccettabile che va respinto con la massima fermezza.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo

 

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