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NEWS DAL FONDO SANITARIO INTEEGRATIVO INTESA SANPAOLO

Cominciamo con alcune scadenze tecniche che possono rendersi necessarie per la Dichiarazione dei Redditi.
Dal 6 aprile sul sito del Fondo sono stati resi gradualmente disponibili i riepiloghi dei rimborsi e dei contributi utili per rispettare gli adempimenti fiscali, nel dettaglio:

  • i rimborsi riconosciuti nel 2020 per le spese sanitarie sostenute;

  • i pagamenti effettuati nel 2020 dal Fondo a favore degli enti erogatori per le prestazioni rese in assistenza convenzionata;

  • le quote differite relative all’anno 2020 o precedenti e rimborsate dal Fondo nel 2020;

  • i contributi addebitati in conto ad esodati e pensionati, anche per conto dei familiari, e comunicati dal Fondo all’Agenzia delle Entrate.

Come è noto, il 2020 è stato un anno particolare per il Fondo Sanitario, con un andamento positivo legato alla riduzione delle prestazioni richieste, in conseguenza della pandemia.

I consiglieri elettivi del Fondo hanno richiesto che l’avanzo 2020 non venga riservato a patrimonio, ma venga accantonato a bilancio, per un possibile utilizzo già nel 2021, in previsione di un aumento delle prestazioni precedentemente rinviate. Se le anticipazioni risultano affidabili, gli organi tecnici stanno verificando la fattibilità della scelta, dal punto di vista delle normative contabili e civilistiche. Andrà tutto bene?

Nella lettera che alleghiamo, inviata al Presidente da quasi tutti i consiglieri elettivi (si è defilato solo Demarchi, della Uilca, mentre ha aderito la nostra Paola Cassino), si affrontano varie tematiche, in parte emerse nell’ultima fase di vita del Fondo, in parte presenti da tempo nelle richieste che avanziamo, con insistenza e fermezza, in modo costruttivo, da quando il Fondo è nato.

Si va dai problemi pregressi dell’attività amministrativa, ai nuovi, gravi, ritardi connessi all’aggiornamento anagrafico e alle conseguenze sui conguagli, dalla questione annosa delle convenzioni, alla necessità di fare diventare strutturale la liquidazione immediata della differita (come accaduto nel 2020), dallo snellimento burocratico, alla richiesta di una soluzione definitiva per le riserve bloccate.

Molti temi che noi ripetiamo da sempre sono rimasti fuori: un aumento del contributo aziendale per i lavoratori attivi, che sono calati molto per esodi e pensionamenti; la trasparenza e la pubblicità degli atti degli organi direttivi; il miglioramento delle prestazioni, delle franchigie e dei massimali. Temi che vengono riservati alle “fonti istitutive” e che quindi non possono essere affrontati, né in Cda, né nel dibattito corrente.

Qualcosa però ha cominciato a muoversi e noi auspichiamo che vengano affrontati, man mano, tutti i problemi che si erano accumulati nel tempo. Vi terremo informati di ogni passo in avanti.

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

 

VADEMECUM VACCINO

 

Dopo settimane di attesa, è arrivato il Decreto Legge del Governo sulla questione vaccini nel settore sanitario.

Si tratta di una questione molto delicata, che cerchiamo di affrontare dal particolare punto di vista dei lavoratori, soprattutto di quelli addetti al “settore sanitario”, nel senso ampio del termine. Gradualmente tutti i settori lavorativi dedicati ai “servizi essenziali” (bancari compresi) saranno inclusi, con qualche priorità, nel piano vaccinale. Per ora sembrerebbe prevalere (al di fuori del settore sanitario) un orientamento che salvaguarda la volontarietà, ma è bene comunque affrontare la tematica con la dovuta cautela.

Da un lato, il piano vaccinale sembra la strada più rapida e sicura (l’unica?) per raggiungere al più presto “l’immunità di gregge” e quindi superare finalmente la fase più critica legata all’epidemia, sul piano sanitario e sul piano economico.

Dall’altra esistono legittimi dubbi e perplessità sull’obbligo di sottoporsi al vaccino, soprattutto quando (come in questo caso) è stato autorizzato in tempi molto rapidi, con procedure accelerate e forti incertezze sugli effetti collaterali che si ipotizza potrebbero derivarne. Le forti polemiche degli ultimi tempi e gli enormi interessi che giostrano attorno alla salute, ai farmaci, ai vaccini, aumentano il senso di insicurezza generale.

In attesa di esaminare attentamente il decreto appena sfornato, mettiamo a disposizione degli iscritti un “vademecum” elaborato dalla CUB-Sanità, in collaborazione con Medicina Democratica ed un pool di legali. Il materiale è precedente al varo del Decreto, ma può fornire strumenti di conoscenza utili per affrontare la questione vaccini.

Su questi argomenti così complessi e sensibili, ci sembra un documento equilibrato e condivisibile, capace di chiarire i principali dubbi, a partire dalle questioni più elementari.

Tuttavia riteniamo di particolare importanza ascoltare anche il parere di chi la vede diversamente, per cui invitiamo, su un tema di così grande momento, a scriverci commenti, critiche, suggerimenti e proposte.

 

La segreteria CUB SALLCA

ABBIATE PIETA’ DEL MONTE DI PIETA’

 

 

Nei giorni scorsi è trapelata sui giornali la notizia che Intesa Sanpaolo si appresterebbe a vendere la storica sede del Monte di Pietà di Napoli.

Dal 2017 lo storico edificio che ospitava il Monte è stato messo sul mercato, ma la cifra inizialmente richiesta (10 milioni di euro) non aveva riscontrato dimostrazioni d’interesse.

Ora che la richiesta è scesa di molto (si parla di 3 milioni di euro) si palesa il rischio di una rapida conclusione della trattativa con una società privata, con esiti discutibili.

Abbiamo scritto ai vertici aziendali per chiedere di rinunciare alla vendita e destinare il bene ad una fruizione pubblica e gratuita in ambito culturale.

La vicenda è stata ripresa dalla stampa locale ed è stata anche lanciata una petizione pubblica per “fare massa”. Invitiamo tutti ad unirsi al nostro appello firmando qui:

https://www.change.org/p/amministratore-delegato-gruppo-intesa-pietà-per-il-monte-di-pietà/signatures/confirm?token=573d8f13-389b-4449-9032-f7af863a4f01

 

LA NOSTRA LETTERA AI VERTICI AZIENDALI

 

INTESA SANPAOLO: GESTIONE EMERGENZA COVID NELLA RETE FILIALI

Abbiamo scritto il documento allegato ai vertici aziendali e alle funzioni di Tutela Aziendale, nonché al Codice Etico,  per segnalare le persistenti problematiche nella gestione dell’emergenza covid nelle filiali. In particolare abbiamo denunciato, non solo le carenze delle misure per evitare assembramenti, ma alcune scelte aziendali che finiscono per favorirli anziché ridurli.

Nello stesso tempo, abbiamo avuto modo di apprendere da un comunicato di Unisin che una società di consulenza, Expense Reduction Analysts, ha stimato in 10.000 euro il risparmio delle aziende per ogni lavoratore in smart working. Non sappiamo se il calcolo è corretto, ma, ad occhio, i risparmi dovrebbero essere sufficienti ad Intesa Sanpaolo per pagare il buono pasto a tutti i lavoratori e le lavoratrici in smart working e garantire lo steward a tutte le filiali che ne hanno necessità.

 

TESTO DELLA MAIL INVIATA A VERTICI AZIENDALI,

FUNZIONI DI TUTELA AZIENDALE E CODICE ETICO (19/3/2021)

Oggetto: gestione emergenza covid nella rete filiali

Di fronte all’aumento di “zone rosse” per l’emergenza covid, torniamo a segnalare i perduranti elementi di criticità, a partire dagli ingressi delle filiali. Un fenomeno destinato ad accentuarsi con i prossimi accorpamenti di filiali, che farà aumentare il numero di clienti che convergerà su filiali sempre più concentrate

La presenza di steward davanti alle filiali si è sempre più ridotta e, leggendo i resoconti delle comunicazioni aziendali ai sindacati firmatari, vengono addotte incredibili ragioni economiche. Da colloqui effettuati con i lavoratori saltuariamente presenti ai nostri ingressi, risulterebbe che gli stessi vengono pagati, dalle società cui si rivolge Intesa Sanpaolo, 5 euro all’ora!!

Ma se davvero le ragioni fossero economiche, verrebbe confermato che l’attribuzione della carica di Datore di Lavoro è meramente figurativa: il potere di spesa resta in capo all’Amministratore Delegato ed a lui ci rivolgiamo, insieme al Responsabile della Banca dei Territori.

Infatti, oltre a mantenere un adeguato presidio degli ingressi alle filiali garantendo la presenza di tutti gli steward necessari, servirebbe un comportamento responsabile da parte di tutti per evitare assembramenti e code.

Sarebbe quindi necessario aprire, laddove ancora esistenti, tutte le postazioni di cassa disponibili, garantire un’accoglienza adeguata, rispondere ad esigenze occasionali dei clienti (carte smagnetizzate, app non funzionanti, ecc.) dedicando a queste funzioni le risorse necessarie, anziché monopolizzarle ai soli fini delle attività commerciali.

Bisognerebbe anche evitare ogni iniziativa che provochi flussi spontanei, aggiuntivi a quelli consueti, di clientela. Ci riferiamo, in particolare, all’insensata partenza, in una fase in cui vengono riproposte chiusure delle attività per la vicenda covid, della sostituzione delle carte bancomat.

Certamente le lettere che avvisavano delle scadenze anticipate sono state recapitate a settembre del 2020, ma non è detto che tutti se ne ricordino 5 o 6 mesi dopo. Ed in teoria i gestori avrebbero dovuto farsene carico, ma tra telefonate, appuntamenti, campagne da lavorare, riunioni continue (ed inutili, per sentirsi dire sempre le stesse cose), pressioni martellanti, non avanza il tempo per tutto. Ed i clienti arrivano, piuttosto seccati.

Aggiungiamo anche la nuova ondata di scuole chiuse e di problemi di gestione dei figli a casa e ci pare che ciò basti per chiedere che si sospenda immediatamente la campagna in corso di sostituzione delle carte bancomat: fino a quando resterà in piedi l’emergenza le si sostituiscano alla scadenza naturale!

E si intervenga anche per ridurre i tempi di certe operazioni alle casse. Abbiamo già scritto della marea di bonifici in contanti (prevalentemente di GI Group) da pagare a giovani tutti in possesso di un iban.

Da alcuni giorni abbiamo scoperto la nuova sorpresa di dover censire anche chi viene a pagare piccole somme in contanti. Non sappiamo se la trovata derivi da disposizioni governative o da qualche geniale trovata dei nostri vertici. Resta il fatto che, nell’attuale contesto, non è concepibile dover perdere tempo a censire il malcapitato cliente che deve pagare un ticket sanitario da 20 euro in contanti (magari ha pure aspettato mesi per prenotare la visita). E non si dica che lo si deve accompagnare al bancomat, perché se il pagamento riguarda la prestazione per un parente, in assenza del tesserino sanitario dello stesso non si può procedere.

E’ inoltre incredibile che in questa situazione si aggiunga anche la vicenda delle telefonate inevase. A parte eventuali risvolti legali di questa iniziativa, di cui già altri si stanno occupando, è evidente come non venga tenuto in nessun conto lo stato di carenza di organico nelle filiali, accentuato dal contesto attuale, e le numerose e continue priorità sollecitate, che sommandosi tutte insieme diventano ingestibili.

Infine riceviamo numerose segnalazioni di responsabili di filiali in “zona rossa” che continuano imperterriti a chiedere di fissare appuntamenti per proposte commerciali. D’altronde appare inverosimile che, laddove viene chiesto ai cittadini di non uscire di casa, si chieda ai gestori di collocare le Obbligazioni Mediobanca in dollari per la cui sottoscrizione si rende necessaria la presenza fisica del cliente.

Non a caso scriviamo questa mail anche al Codice Etico, che dovrebbe essere il custode del rispetto delle esigenze di tutti gli “stakeholders”: non è necessaria la conoscenza delle lingue straniere per verificare che le cose che abbiamo elencato non sono rispettose della dignità delle persone, si tratti dei lavoratori o dei clienti.

Nell’attuale fase emergenziale tutti devono fare la loro parte, sapendo che ogni decisione ha delle conseguenze e che serve senso di responsabilità, dando la priorità al buon funzionamento delle cose e non all’inseguimento dei budget!

Per finire, ci auguriamo che la vicenda del plexiglass possa arrivare finalmente a termine. E’ da un anno che, sia noi, sia i sindacati firmatari, ne chiediamo l’adozione per tutti. C’è voluta forse l’acquisizione di Ubi e la scoperta che nelle loro filiali ne erano dotate tutte le postazioni per decidersi? Ora si provveda a recuperare il tempo perso.

 

Segreteria Nazionale Cub Sallca

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo

 

 

 

 

LAVORARE DA CASA. SI’ MA DEFINIAMO LE REGOLE

Continuano a giungerci spunti dal mondo delle sedi

Ci scrive un collega con un recente passato in filiale ed esordisce così: indubbiamente si sta meglio, ma sempre più crepe si allargano.
Come già sottolineato dalla stessa nota del SALLCA, il personale, dati gli esodi e l’età media alta, tende ad assottigliarsi. Dal 2018 ad ora nessuno è stato sostituito. Da quasi 20 persone, nel mio ufficio, ci ritroviamo in 10 ed a breve andranno via altri.

Vorrei però porre l’attenzione su un altro aspetto legato al lavoro domiciliare, di fatto divenuto obbligatorio per la dichiarata pandemia.
Nel corso di questo bizzarro anno il sottoscritto (e non solo) ha avuto diversi problemi: dapprima la mia connessione casalinga (che ogni lavoratore deve avere e pagarsi senza nessuna indennità, mentre il buono pasto non viene riconosciuto, avendo così una perdita secca sul salario, anche al netto di eventuali risparmi sui costi di trasporto) in molte occasioni ha manifestato problematiche, quindi mi veniva suggerito dai miei responsabili di cambiare operatore internet (con cui, come fatto notare ai miei responsabili, mai ho avuto problemi quando si trattava di utilizzare il mio PC personale), oppure, sempre a mie spese, installare presso il mio appartamento dei ripetitori… cosa che non ho fatto. Inutile ricordare che cambiare operatore spesso comporta il pagamento di penali come, ad esempio, nel mio caso.

I tecnici dell’ Help desk suggerivano (mettendolo altresì per iscritto) che l’azienda avrebbe potuto fornirmi una semplice SIM (quindi una connessione Wi FI aziendale) per risolvere il problema. La richiesta dei colleghi tecnici è stata a più riprese respinta perché “non in linea con la policy aziendale”.
Mi viene cambiato il PC (grazie anche al sacrificio dei colleghi coordinatori di struttura che lo hanno prelevato dalla sede per portarmelo), tuttavia il cavo  (fornito a suo tempo dall’azienda) necessario a collegare il PC al secondo monitor (che il sottoscritto ha comprato di tasca sua ed essenziale per il tipo di lavorazione che svolgiamo), adatto al modello precedente che aveva l’apposita porta, risulta non adatto al modello nuovo.

Faccio presente la cosa chiedendo un cavo che mi sostituisse il precedente (che, ripeto, mi fu dato dall’azienda), o un semplice convertitore, la risposta è stata che dovevo acquistarlo a mie spese e che l’azienda non fornisce questo tipo di materiale (sic). Al che ho osservato che, se il precedente cavo era stato fornito dall’azienda, non si capisce bene come mai ora non mi può essere fornito di nuovo. Su questo permane il mistero, mi viene risposto che anche gli altri hanno fatto così…
Da notare che nella mia regione non si ci si può muovere fra comuni se non per motivi di lavoro e che nel mio comune non vi sono negozi informatici, quindi, se avessi seguito le loro istruzioni, avrei pure potuto rischiare un verbale salato.
Facendo resistenza (che io preferisco alla resilienza aziendalista) ho ottenuto che il mio responsabile mi fornisse il monitor con cavo adatto all’uopo prelevandolo dall’ufficio (quindi già presente).

Scrivo questa mail perché vorrei chiedere a tutti i sindacati di far notare all’azienda l’esigenza di colmare il vuoto normativo circa le forniture aziendali di cui devono dotarsi i lavoratori in lavoro domiciliare. Anche l’azienda trae vantaggio da questa modalità di lavoro. Il vuoto normativo spinge responsabili (spesso in buona fede, o che si rendono disponibili a fare più del dovuto per ovviare alle varie problematiche) a trovare o suggerire soluzioni poco convenzionali.

Da parte mia, sebbene, come scritto sopra, abbia trovato poco indicate le proposte dei miei colleghi responsabili  per ovviare a problemi tecnici, devo, per dovere di trasparenza, dire che sono stati loro stessi, a loro spese, a portarmi con la loro auto i materiali nuovi e ritirare quelli vecchi senza nessun rimborso benzina (faccio notare come la fornitura di materiale di lavoro al dipendente da parte dell’azienda sia l’abc della legge che regola i rapporti di lavoro).

Siccome non scrivo certe righe solo per me, ma per tutti, dico che anche questo lo trovo poco giusto, rivendicando le giuste tutele anche per loro.
Se l’azienda colmasse questi vuoti di normativa, si eviterebbero situazioni comunque poco piacevoli ed inutili.

Ancora una nota a margine relativa a Strongauth, l’applicazione che ognuno di noi dovrebbe scaricare sul PROPRIO cellulare per poter accedere da remoto ai servizi aziendali. Ebbene, anche in questo caso, il collega che non possiede lo smartphone è invitato a procedere all’acquisto di tasca sua.
Gli altri sono quasi  costretti a scaricarsela, perché “altrimenti potresti perdere il diritto allo smartworking”. Insomma questo “smartworking” è smart solo dal punto di vista padronale, mentre per il lavoratore ho l’impressione che sia più croce che delizia.

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.Intesa Sanpaolo

UNA SENTENZA CHE BOCCIA INTESA SANPAOLO

DA CUB SALLCA
A ISCRITTI/E E LAVORATORI/TRICI DI INTESA SANPAOLO

 

QUANDO L’INGIUSTIZIA E’ PALESE LA RESISTENZA DIVENTA DOVERE

 

Nel vorticoso movimento delle operazioni societarie, fusioni per incorporazione, scorpori e alienazione di rami d’azienda, è purtroppo prassi consolidata in ambito bancario la vendita dei lavoratori insieme alle attività cedute.

E’ un modo barbaro di trattare il “capitale umano”: un bene come un altro da prezzare sul mercato, incorporato nel valore del portafoglio ceduto. Un moderno mercato di carne umana. Nel caso in oggetto, il pacchetto dei lavoratori ceduti (la piattaforma di recupero crediti) era di 591 unità ed è stato valutato (e pagato) 500 milioni di euro.

Non sempre però i protagonisti passivi di questi maneggi subiscono in silenzio. Ad esempio molti tra i lavoratori di Intesa Sanpaolo ceduti nel 2018 ad Intrum, insieme ai crediti deteriorati, hanno prima votato massicciamente contro l’accordo sindacale sulla cessione (arrivando a bocciarlo in alcune assemblee), poi hanno ricorso per le vie legali e infine hanno vinto: una prima sentenza del Tribunale di Roma dichiara illegittima la cessione ed ordina il loro reintegro.

Dovremo attendere la motivazione della sentenza e poi l’esito delle cause intentate in altre sedi, ma abbiamo già una prima sentenza favorevole.

In tempi in cui si tende ad esaltare la “resilienza” (che allude elegantemente all’arte di piegarsi alle intemperie e ai soprusi), noi preferiamo parlare di “resistenza” e diffondere l’idea che vale la pena dire no: qualche volta funziona!

 

LEGGI IL VOLANTINO

 

 

UN GRATTACIELO DI ROSE E DI SPINE

 

La devastante questione delle pressioni commerciali nella rete sportelli fa spesso intravvedere, come agognato obiettivo per i lavoratori di filiale, il raggiungimento di “un posto al grattacielo”, in altre parole il trasferimento in un ufficio centrale come soluzione individuale e definitiva.

Non sempre questo “mito” corrisponde alla realtà: i problemi dei lavoratori di sede sono diversi, ma non certo minori, di chi sta in filiale.

L’assenza di percorsi professionali, di inquadramenti esigibili, di premi incentivanti trasparenti, di leve motivazionali, mortificano anche i lavoratori dei servizi centrali. La recente introduzione della mappatura professionale (TITLING) non ha risolto alcuno di questi problemi.

I carichi di lavoro sono diventati sempre più pesanti, gli esodi hanno colpito anche qui, portandosi via esperienza e competenza: le poche assunzioni non sono qualitativamente paragonabili, come professionalità, alle figure dei colleghi usciti.

Inoltre la sostituzione di manager d’esperienza con nuovi capi ansiosi di emergere, privi dei requisiti minimi di qualità e competenza, ma docili ed obbedienti alle direttive imposte, non ha fatto che peggiorare il disagio diffuso.

Abbiamo raccolto molti sfoghi e testimonianze di situazioni sgradevoli: cerchiamo di passare oltre il malumore individuale, organizzandoci!

 

LEGGI IL NOSTRO VOLANTINO

 

CUB-SALLCA INTESA SANPAOLO

 

8 MARZO SCIOPERO GENERALE

 

Come già avvenuto negli ultimi anni, la CUB raccoglie l’invito di Non Una di Meno ad indire uno sciopero generale nella giornata internazionale dell’8 marzo.

E’ in corso una grave crisi economica e sociale che rischia di fare tornare indietro i diritti di tutti i lavoratori e ancora di più quello delle lavoratrici.

La gestione dell’emergenza ha scaricato sulle donne il lavoro di assistenza e di cura, come mai prima d’ora.

Sono state le prime ad essere confinate in casa con lo smart-working, le prime ad essere scaricate dal mercato del lavoro, con il mancato rinnovo dei contratti a termine, le prime lasciate a casa con la chiusura delle mense, della ristorazione e del turismo.

Adesso, con lo sblocco dei licenziamenti, rischiano di essere le prime a pagare con la perdita definitiva del posto di lavoro, per consentire alle aziende di agganciare la ripresa economica “alleggerite” di costi.

La proclamazione di sciopero indetta dalla CUB copre tutti/e le lavoratrici e i lavoratori che intendono partecipare all’agitazione.

Anche nel settore bancario ed assicurativo sono stati rispettati i termini di preavviso e le modalità di comunicazione previste dalla legge 146/90 (che continuiamo a ritenere liberticida, ingiusta e repressiva del diritto di sciopero).

Chi trova ostacoli, da parte di responsabili disinformati, non ha che da contattarci.

Partecipate allo sciopero e alle manifestazioni!

E leggete il nostro volantino !!

CUB-SALLCA Credito e Assicurazioni

PRESSIONI COMMERCIALI: UN VIRUS ANCORA SENZA VACCINO

 

Le (op)pressioni commerciali non hanno mai cessato di rovinarci la vita e l’umore, minando la qualità del lavoro e calpestando l’etica professionale.

Ad ogni inizio d’anno riprendono con rinnovato vigore, ancora più forte dopo un anno pandemico vissuto dai vertici aziendali con malcelato contenimento della consueta aggressività.

Non si deve accettare questa situazione intollerabile. Serve innanzitutto un processo spontaneo di “igiene mentale”: il budget non deve rovinarci la vita e diventare un’ossessione deleteria. Respingiamo le pressioni al mittente e restiamo uniti di fronte ai responsabili aziendali, che ci vogliono divisi, isolati, competitivi, per avere più controllo e potere.

Il miglior punto di forza è la coesione del gruppo, la solidarietà tra lavoratori, la qualità delle relazioni (anche con la clientela).

Non sempre è facile e per questo abbiamo riassunto in forma sintetica quello che è utile sapere (e ricordare) per difendersi meglio.

Siamo ben consapevoli che solo una vertenza estesa, partecipata, determinata, potrebbe portare a cambiamenti duraturi.

Nel frattempo si possono attivare difese individuali e collettive avendo sempre cura di documentare comportamenti illegittimi di taluni responsabili, come potrete leggere nell’allegato.

Piccolo manuale di autodifesa contro la “banca ad una dimensione”

 

IL LAVORO IN UNICREDIT AI TEMPI DEL COVID

Spesso la retorica edulcorata del management bancario appare molto lontana dalla realtà lavorativa vissuta tutti i giorni dai dipendenti.

Le croniche carenze di organico rendono, da tempo, pesante la situazione negli uffici di sede come nelle filiali, ancor di più in quelle di piccole dimensioni. Se poi si aggiunge l’emergenza covid il disastro è completo.

Ecco cosa ci scrive un lavoratore, la cui testimonianza è significativa perché la riteniamo altamente rappresentativa della realtà quotidiana di molti colleghi.

Da parte mia posso portare l’esperienza della mia attuale Agenzia, simile a molte altre Agenzie piccole: siamo in due, io e una collega in part time, direttore condiviso con altra agenzia. I problemi maggiori sono principalmente: 

i bancomat da caricare/scaricare, per cui la collega si ferma ben oltre l’orario previsto dal suo part time.

Telefono (3 linee) che suona in continuazione, essendo in due diventa fisicamente impossibile rispondere a tutte le telefonate, con conseguenti lamentele.

Il problema peggiore, però, è stato l’abolizione del servizio di regolamentazione servizio clientela, il che ci costringe ad essere bancari/centralinisti/portieri con aumento di stress e rischi sul lavoro (stai parlando con un cliente e suona la porta… Lasci il cliente e vai a vedere chi è… Ha preso l’appuntamento? No, deve telefonare… Non ha il numero? Aspetti che glielo scrivo… Torni indietro e glielo scrivi su un foglietto, poi torni alla porta e lo consegni, ecc. ecc .nel frattempo non hai risposto a tre telefonate e il cliente alla scrivania sbuffa) 

Come risponde Unicredit a questa situazione di disagio? Al momento procedendo con gli esodi e falcidiando ancora di più gli organici che verranno rimpiazzati in minima parte con nuove assunzioni. Vogliamo sperare che la risposta che arriverà non  sia solo quella di aspettare che, prima o poi, il piano di razionalizzazione degli sportelli metta fine all’agonia chiudendo la filiale!!

Intanto si confida sul senso di responsabilità dei lavoratori per fronteggiare la continua emergenza. Forse sarebbe ora di dire basta e cominciare a fare il minimo indispensabile, non farsi carico di risolvere i problemi determinati da condizioni di lavoro inaccettabili, che tra l’altro espongono al rischio di errori che non verranno perdonati.

In attesa di risposte serie, proponiamo ai colleghi e alle colleghe di organizzarsi per pretendere condizioni di lavoro dignitose: non è solo con lo spirito di sacrificio che si possono far funzionare le cose.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Gruppo Unicredit