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Intesa Sanpaolo: ferie di aprile, fermi un attimo

Venerdi 3 aprile i lavoratori hanno “scoperto” una comunicazione aziendale che imponeva di programmare 6 giorni di ferie ed ex festività entro il 30 aprile e altri 2 giorni entro il 2 giugno.

Questo atto unilaterale dell’azienda può essere valutato sotto 2 aspetti.

Dal punto di vista legale stiamo chiedendo un approfondimento ai nostri avvocati. Dal punto di vista dell’opportunità il discorso è più complesso.

Per chi ha sempre lavorato tutti i giorni, in ufficio o in smart working (il numero di lavoratori coinvolti è in costante e positivo aumento), questa richiesta di mettersi in ferie agli arresti domiciliari (visto che non si può uscire di casa se non per fare la spesa) appare ingiustificata.

Per chi lavora nella rete filiali e non ha alternative ad andare in ufficio, l’azienda ha stabilito (oltre alle chiusure avvenute in precedenza nelle “zone rosse”) dal 11 marzo l’alternanza tra giorni di lavoro e formazione flessibile, rimuovendo i limiti alla sua fruizione. Ha anche regalato 6 giorni di ferie aggiuntive, forse per compensare del rischio (a giorni alterni) di essere infettati.

Se i vertici aziendali si sono pentiti di tanta generosità, abbiano il coraggio di dirlo e di assumersene le responsabilità.

Ciò che è intollerabile è scaricare sui lavoratori l’autoprogrammazione di giorni di ferie non graditi e sui responsabili l’onere di far quadrare turni già complicati con organici al 50% che verrebbero ulteriormente ridotti. Oltretutto, lavorando su due turni, nelle filiali retail (e non solo) chi autorizza in assenza del direttore o del vice?

Senza considerare i carichi di lavoro che stanno arrivando con sospensione di rate e pagamento della cassa integrazione.

Tagliare gli organici in questa fase è una decisione sciagurata: chi l’ha presa la gestisca o la riveda!

La nostra prima indicazione “a caldo” che possiamo dare è di non programmare nulla, in attesa di sviluppi.

Abbiamo visto i primi commenti balbettanti dei sindacati firmatari. Finora si sono sempre intestati il merito di ogni decisione aziendale, adesso la situazione si complica: visto che hanno un tavolo di trattativa lo usino!!

Si chieda all’azienda il ritiro della circolare ed il rinvio di una trattativa sul tema ferie a quando si vedrà la fine dell’emergenza.

Sarà accettabile la programmazione di una quota delle ferie spettanti entro una determinata e successiva data, da individuare, però, solo quando si potrà ricominciare ad uscire di casa. Per favorire una programmazione ordinata si chieda di infrangere il vincolo di finire le ferie nell’anno in corso e consentire di portarne all’anno successivo una quota limitata.

Le ferie servono al benessere psico-fisico del lavoratore: mai come in questa occasione è vero.

L’azienda torni indietro. Se invece vuole persistere nel procedere d’imperio lo faccia e se ne assuma la responsabilità e le conseguenze del caso.

 

CUB-SALLCA Intesa Sanpaolo

 

La salute prima di tutto, il resto può aspettare

COMUNICATO A LAVORATRICI E LAVORATORI DEL 2 APRILE
CON LETTERA INVIATA ALLE FUNZIONI AZIENDALI

Anche in questi giorni complicati non sono mancati, da parte di alcuni direttori di area (non tutti, sia chiaro) riunioni in video dove sono state lanciate fantasiose ed estrose idee per aumentare la potenza di fuoco commerciale. Incuranti delle difficoltà di filiali sommerse dalle telefonate dei clienti (per poter accedere su appuntamento, sospendere rate, chiedere notizie degli investimenti) questi (ir)responsabili continuano a ripetere il mantra di “cogliere l’opportunità del momento”: il video di Barrese del 6 marzo non è più disponibile, ma il suo “messaggio” aleggia ancora.

Riteniamo questi comportamenti un attacco diretto alla salute dei lavoratori, soprattutto in questa fase dove lo stress regna sovrano già solo per la situazione generale.

Per questo abbiamo scritto (leggete sotto) a chi deve tutelare la salute dei dipendenti, il Ceo ed il Datore di Lavoro, per segnalare le misure che ancora mancano in questo momento emergenziale: una presa di posizione netta dei vertici aziendali contro le sollecitazioni commerciali improprie, ulteriori sforzi per aumentare il numero dei lavoratori che possono lavorare da casa, la riduzione dei tempi per recarsi al lavoro anche con trasferimenti temporanei, misure di protezione che possano essere utilizzate subito e durare nel tempo, come il plexiglass.

Se non arriveranno segnali di attenzione dal vertice, possiamo e dobbiamo rimandare noi le pressioni commerciali al mittente.

Nessuno mette in discussione che l’azienda debba perseguire la redditività, ma oggi ci sono altre priorità e gli azionisti, nell’occasione, dovranno aspettare per incassare i dividendi (perlomeno fino al 1 ottobre).

In questo momento la priorità va alla salute dei dipendenti ed al rispetto delle esigenze immediate dei clienti (sospensione rate e altre cose urgenti).

A chi ancora insiste per “cogliere l’opportunità del momento” rispondiamo con un rifiuto di massa a metterci sul loro terreno.

 

MAIL INVIATA VIA PEC ALLE FUNZIONI AZIENDALI

Inviamo questa comunicazione a tutte le funzioni responsabili sui temi della Salute e Sicurezza e della Prevenzione e Protezione dei lavoratori e delle lavoratrici.

Nell’attuale emergenza coronavirus permangono elementi di criticità che vogliamo sottoporre alla vostra attenzione.

Ancora una volta, e specificamente nell’attuale situazione, registriamo sollecitazioni alle politiche commerciali che impattano negativamente sui livelli di stress, già molto elevati, dei lavoratori.

Le filiali, principalmente Retail, ma, per alcuni aspetti anche Exclusive, Imprese e On line, sono messe in seria difficoltà dalla gestione dei clienti che si affollano all’ingresso dei punti operativi, dalle telefonate di chi insiste per appuntamenti per operazioni di cassa (che vanno gestite verificando le reali urgenze e indifferibilità , anche sulla base del decalogo aziendale), dalle telefonate ad iniziativa del cliente per la sospensione di rate, dalle telefonate che chiedono informazioni sulla situazione degli investimenti.

Il tutto, per le filiali che hanno contatto col pubblico, in un contesto di paura e preoccupazione per la propria salute e di tensione con l’utenza.

Sentire alcuni direttori di area che, nelle riunioni via Skype, forniscono suggerimenti pressanti sulla gestione delle telefonate in arrivo ed in uscita, sulla programmazione di proposte commerciali, magari conditi da indicazioni sul caricamento di what’s app sul cellulare aziendale per videochiamare i clienti, è un carico emotivo aggiuntivo di cui non si sentiva la necessità.

Nessuno nega la necessità di occuparsi, anche in questa circostanza, della redditività aziendale, ma è chiaro che, in questo momento, la priorità è costituita dalla gestione dell’emergenza: resta poco tempo per il resto o non ne resta proprio.

A prescindere da valutazioni etiche su queste sollecitazioni a cogliere le  “opportunità commerciali del momento”, che contraddicono gesti apprezzabili di quest’azienda, come i 100 milioni donati per l’emergenza coronavirus, ricordiamo che alti livelli di stress fanno diminuire le difese immunitarie dei lavoratori con tutto quello che ne consegue.

Poiché è evidente che questi interventi, che richiamano tutti gli stessi concetti, salvo alcune sfumature, rispondono ad una strategia che arriva dall’alto, ci aspettiamo che dai massimi vertici di Banca dei Territori arrivi un messaggio chiaro ed inequivocabile sulla cessazione di queste pratiche e che giunga a tutta la catena gerarchica.

Riguardo la sospensione delle rate di prestiti e mutui, apprezziamo i tentativi di centralizzare le richieste per quel che riguarda le filiali retail. Ancora più pesante è la situazione per le filiali imprese, dove auspichiamo un rapido consolidamento della possibilità di operare da casa, allargando questa possibilità anche agli addetti.

Al fine di estendere al massimo le possibilità di effettuare lo smart working, laddove permanesse la carenza di pc portatili, va valutata la possibilità di utilizzare i pc personali con VPN.

Va estesa, in questa fase, la possibilità di evitare lunghe percorrenze per lavoratori lontani dal luogo di lavoro o che devono usare mezzi pubblici, favorendo trasferimenti temporanei che riducano disagi e pericoli.

Resta la nota dolente della carenza di dispositivi di protezione per i lavoratori a contatto con il pubblico. Stante le difficoltà generalizzate a rifornire i punti operativi di mascherine, non si capisce il motivo di non installare divisori di plexiglass per le postazioni di cassa e di consulenza. Tali apprestamenti sarebbero comunque uno strumento utile anche in prospettiva, sia per il prolungarsi dell’attuale emergenza, sia per non auspicabili ripetersi di situazioni simili.

Ci uniamo, infine, alla richiesta avanzata da altre organizzazioni sindacali, di ripristinare le funzionalità del messaggio AFN1 in emulazione, mantenendole provvisoriamente disponibili a fianco del nuovo applicativo NAG, messaggio non semplice e non intuitivo che sta complicando l’operatività allo sportello.

In questo momento ogni intervento che riduca il livello di stress lavorativo è necessario.

Distinti saluti

Segreteria Nazionale Cub Sallca

 

 

 

 

 

I servizi bancari ed assicurativi non sono essenziali in modo indistinto in un momento di emergenza

(comunicato del 23 marzo – Lettera a Conte/Speranza)

Dopo aver sentito il premier Conte annunciare l’ulteriore stretta per l’emergenza coronavirus (che peraltro non soddisfa il mondo del lavoro e già ci sono scioperi spontanei nel settore industriale) e dichiarare che “sono garantiti i servizi bancari, assicurativi e finanziari”, abbiamo sentito il dovere di scrivere anche noi al governo, inviando una pec urgente

 

Al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Al Ministro della Salute Roberto Speranza.

Le reiterate dichiarazioni del Presidente del Consiglio che, anche dopo aver deciso la chiusura di tutte le attività non indispensabili, confermavano che “verranno garantiti i servizi bancari, assicurativi e finanziari”, contraddicono le affermazioni relative all’emergenza della fase attuale.

Ogni giorno ci giungono notizie di filiali di banca, con casi di positività al coronavirus, che vengono chiuse per azioni di sanificazione e con i dipendenti posti in quarantena.

Non possiamo condividere l’idea che i servizi bancari, assicurativi e finanziari siano considerati tout court servizio pubblico essenziale.

Il settore assicurativo non è neppure compreso tra le attività soggette a limitazione del diritto di sciopero.

Nel settore bancario la prestazione garantita dalla normativa sul diritto di sciopero si limita all’apertura di un giorno alla settimana, il mercoledì.

Peraltro è singolare che oggi si invochi il servizio pubblico essenziale dopo che da anni viene tollerata la politica dei gruppi bancari tesa a chiudere filiali (anche nei piccoli centri dove l’offerta di servizi bancari scarseggia) e postazioni di cassa (che, come diremo, sono quelle più necessarie in questo momento agli sportelli).

Oltretutto le dichiarazioni del Presidente del Consiglio vengono sbrigativamente interpretate dai mezzi d’informazione con notizie tipo “gli sportelli bancari e postali funzioneranno normalmente”.

Questo è tanto più grave perché così si favoriscono assembramenti dei clienti fuori dagli sportelli, creando nuove situazioni di pericolo.

Ma gli sportelli non funzionano “regolarmente”.

Molte banche hanno già deciso di ridurre gli orari ed il numero di dipendenti presenti.

Il settore bancario venne sottoposto alla regolamentazione del diritto di sciopero, in origine, solo per il pagamento di stipendi e pensioni. Da allora la crescita dei canali alternativi ha reso la disposizione anacronistica. Oltre che per una piccola quota di operazioni che non possono essere svolte con i canali alternativi (oltretutto in calo per la stretta alle attività produttive), la presenza dell’operatore di sportello, in questo momento di emergenza (perché in periodi ordinari restiamo convinti che il cliente debba avere tutta l’assistenza possibile) è indispensabile solo per quella quota di clientela anziana che non possiede bancomat e operatività on line o che, pur avendoli,  non ha parenti e familiari in grado di aiutarli nel loro utilizzo.

Ne consegue che ci uniamo alla richiesta, già avanzata dai sindacati firmatari del contratto di categoria, per chiedere la chiusura temporanea delle filiali bancarie, garantendo la gestione regolare dei bancomat ed eventuali “finestre” di operatività

limitate alle tipologie di operazioni ricordate.

Il governo potrebbe ulteriormente contribuire a ridurre il numero di operazioni indispensabili. Ad esempio, nel momento in cui varie attività commerciali ed  artigiane sono chiuse, servirebbe un provvedimento di proroga della scadenza delle cambiali.

Più in generale i servizi bancari ed assicurativi  possono comunque continuare a funzionare garantendo a tutti i lavoratori non allo sportello di lavorare da casa (esistono ancora margini per facilitare lo smart working) e limitando i trasferimenti per andare al lavoro.

Restiamo a disposizione per eventuali chiarimenti.

Distinti saluti

Segreteria Nazionale Cub Sallca

Facciamo il punto sull’emergenza coronavirus

(comunicato del 19 marzo)

La trattativa dei sindacati firmatari con Abi per la chiusura delle filiali si è conclusa con un nulla di fatto.

Abi ha invocato il servizio di pubblica utilità ed i sindacati firmatari hanno rivolto un appello al premier Conte per sbloccare la situazione.

In attesa di deliberazioni del governo (che sarebbero urgenti, a partire dalle regioni più colpite come la Lombardia) riteniamo che si debbano rivendicare questi punti:

Massimo utilizzo del lavoro da casa anche utilizzando i pc personali con VPN.

Stante le difficoltà a procurare mascherine a norma, installazione immediata nelle filiali di divisori in plexiglas sia per le postazioni di cassa, sia per le scrivanie. Vista la previsione di una durata non breve della pandemia in corso, reiteriamo la richiesta alle aziende di organizzarsi per dotare i lavoratori di mascherine protettive adeguate.

Restano ferme le disposizioni che limitano gli accessi nelle filiali alle operazioni urgenti che non possono essere effettuate con i canali alternativi.

Limitazioni alla mobilità dei lavoratori, consentendo trasferimenti temporanei per chi effettua spostamenti disagevoli e/o con mezzi pubblici

Segnalazioni agli RSPP e medici competenti di tutte le situazioni di potenziale pericolo.

Segnaliamo che in Intesa Sanpaolo l’azienda ha deciso di concedere ulteriori 6 giorni di ferie ai lavoratori delle filiali e che svolgono attività che non permettono il ricorso allo smart working (fruibili dopo la fine della pandemia).

Riteniamo, infine, di fare cosa utile allegando un riepilogo delle misure più interessanti per i lavoratori e le lavoratrici contenute nel Decreto Cura Italia.

La Segreteria CUB-SALLCA

INTESA SANPAOLO: BARRESE CI INSEGNA A COGLIERE LE OPPORTUNITA’

 

Commentiamo con un certo ritardo il livecast di Stefano Barrese del 6 marzo, anche perché, prima di farlo, volevamo vedere il video, reso disponibile per poco tempo lunedi 9 marzo, per poi venire misteriosamente rimosso, impedendo alla maggior parte dei colleghi di poter apprezzare le perle di saggezza dispensate dall’effervescente responsabile della Banca dei Territori.

Non vogliamo fare un riassunto degli alati concetti espressi  in 15 minuti di esternazioni,  ma concentrarci sul momento più elevato delle stesse.

La sera del 5 marzo avevamo scritto al Ceo Messina ed alle funzioni di Tutela Aziendale per chiedere interventi più incisivi per difendere la salute dei lavoratori e per chiedere la fine delle pressioni commerciali, evidenziando anche alcune inqualificabili sollecitazioni a collocare le polizze salute.

Ed ecco che il mattino dopo Barrese, snocciolando i quattro pilastri dell’azione commerciale,  viene a spiegarci che l’attuale contingenza può creare un terreno favorevole per proporre le polizze salute.

Non siamo così egocentrici da pensare che volesse essere una risposta alle nostre osservazioni, ma certamente le affermazioni di Barrese suonano come un’autorevole approvazione per le sollecitazioni che avevamo segnalato.

Dobbiamo ringraziare il dott. Barrese per aver fatto cadere una volta per tutte il velo di ipocrisia sul tema delle pressioni commerciali: per anni i sindacati firmatari, quando sollevavano il problema, si sono sentiti raccontare la barzelletta che dai vertici non arrivano pressioni, ma che sono i responsabili intermedi che non capiscono i messaggi, li interpretano male e li realizzano peggio, ricorrendo anche ad inutili reportistiche per sollecitare il raggiungimento degli obiettivi.

Ora è chiaro da chi arrivano le direttive!

L’enfatizzazione, in questa situazione, di un prodotto come le polizze salute appare non solo eticamente discutibile (per usare un eufemismo), ma anche fuori dalla realtà. L’emergenza Coronavirus ha chiarito che in questi casi non servono polizze e sanità privata, ma investimenti nella sanità pubblica, l’unica in grado di affrontare queste situazioni.

Dobbiamo però riconoscere che l’emergenza Coronavirus un’opportunità effettivamente la offre: è in questi casi che si possono valutare pienamente le persone, i comportamenti e le strategie. I gestori che, in questi giorni, hanno deciso di cancellare gli appuntamenti, hanno mostrato più acume di chi ha continuato, imperterrito, a straparlare di budget.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Intesa Sanpaolo

E’ ora di chiudere le filiali

DA CUB SALLCA
A iscritti/e, lavoratrici e lavoratori
(comunicato 11 marzo)

Come abbiamo già scritto, le banche affrontano l’emergenza coronavirus in ordine sparso.

Le decisioni di alcune banche di lavorare col 50% di organico a giorni alterni nelle filiali medio grandi (in Intesa Sanpaolo con almeno 12, in Ubi 10 addetti) e chiusura pomeridiana rappresenta un ulteriore passo in avanti verso quello che stiamo chiedendo da lunedi scorso: la chiusura delle filiali (ed anche delle sedi).

Non è certo compito nostro valutare le misure più idonee per combattere il coronavirus, ma nel momento in cui si chiudono scuole, teatri, cinema, stadi, si incrementa il lavoro da casa (e lì ci sono ancora margini di miglioramento) e si dice alla popolazione di non uscire, non si capisce perché le filiali delle banche debbano restare aperte.

Persino l’anacronistica normativa (da noi sempre contestata) sul diritto di sciopero nel settore, prevede l’apertura un giorno alla settimana per i servizi essenziali.

Auspichiamo, quindi, che si arrivi alla soluzione che noi auspichiamo (purtroppo, perché significa che la situazione sta peggiorando)

Nel frattempo, ricordiamo a chi maneggia valori che l’OMS ha dichiarato che i contanti possono veicolare il virus, non tanto perché provochino infezione toccandoli, ma perché poi si può avere un contatto involontario con bocca, naso e occhi.

E siccome la BCE ha dichiarato che non ci sono problemi….usate i guanti di lattice. Anche se le aziende non li passano possiamo fare lo sforzo di prenderli per conto nostro.

Ai gestori e consulenti ricordiamo che, nel momento in cui il governo invita a non uscire da casa, appare piuttosto singolare che i bancari telefonino ai clienti per invitarli ad appuntamenti commerciali.

Per problemi e criticità suggeriamo di scrivere ai responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione e della Tutela Aziendale, nonché ai medici competenti.

TUTELARE I LAVORATORI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

(comunicato dell’8 marzo)

L’ulteriore aggravamento della diffusione dell’epidemia da coronavirus peggiora le difficoltà quotidiane con cui fanno i conti tutti i lavoratori.

Anche le lavoratrici e i lavoratori delle banche affrontano problemi seri, che attengono a salute e sicurezza, da una parte, e alla gestione delle problematiche familiari, dall’altra.

Le aziende hanno sinora adottato provvedimenti e diramato disposizioni in ordine sparso, creando non poca confusione.

L’aumento delle zone sottoposte a restrizioni impone la chiusura delle filiali e delle sedi che lì si trovano, come peraltro chiesto, in modo un po’ involuto, dagli altri sindacati all’Abi.

Per il resto, abbiamo fatto interventi specifici su singole banche, mentre vogliamo qui ribadire alcuni concetti generali, che riguardano l’intero settore e che saranno da aggiornare in base all’evolvere della situazione.

Oltre al dovere di applicazione delle misure adottate dalle autorità competenti, va ribadita la responsabilità delle aziende nella salvaguardia della salute e della sicurezza dei propri dipendenti.

Fino a quando si renderà necessario, urge dare priorità alle esigenze di chi lavora, anziché alle strategie commerciali per la realizzazione dei budget.

Nell’allegato le misure che a nostro avviso andrebbero adottate per rispondere ai bisogni immediati dei colleghi in questa fase.

Scriveteci per segnalarci problemi e criticità.

 

CUB-SALLCA

 

Coronavirus: aumentare le tutele

 

DA CUB SALLCA INTESA SANPAOLO
(comunicato 5 marzo)

 

L’incontro tra sindacati firmatari e funzioni aziendali del 3 marzo ha portato ad alcuni risultati positivi, ma non del tutto soddisfacenti.

Se sulle sedi la soluzione dello smart working è abbastanza facile (a parte qualche rara resistenza locale che invitiamo, nel caso, a segnalarci), nella rete filiali la situazione è più complicata.

Abbiamo scritto al Ceo, Carlo Messina, segnalando criticità e proponendo alcune cose, senza pretese di avere soluzioni in tasca, ma provando ad affrontare le questioni più gravi, in particolare:

I colleghi e le colleghe non devono andare incontro ad altri rischi per la ressa che si determina, in molte realtà, per gli ingressi limitati dei clienti.

Vanno osservate le distanze tra le persone

Devono cessare le pressioni commerciali e gli inviti a mantenere un numero elevato di appuntamenti. Non commentiamo neppure certi suggerimenti a sfruttare il momento per piazzare le polizze salute. Intanto è stato chiarito che le filiali chiuse al pomeriggio sono  CHIUSE e non devono essere piazzati appuntamenti, se non per chiudere pratiche urgenti già avviate (es. mutui).

Devono essere trovate soluzioni per i disagi derivanti dalle scuole chiuse.

Di seguito trovate la nostra lettera al Ceo ed ai responsabili della Tutela Aziendale: vi invitiamo a farci pervenire osservazioni e suggerimenti sulle varie questioni e  segnalazioni sul permanere di pressioni improprie.

……………………………………………………………………………………………………………………

Ci rivolgiamo alle funzioni aziendali che, a vari livelli, devono tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Abbiamo letto dell’incontro tra funzioni aziendali e sindacati firmatari del 3 marzo. Concordiamo con le misure che sono state assunte, soprattutto per quel che riguarda il lavoro da casa nelle sedi; vanno, anzi, superate le resistenze e le limitazioni che possono essere opposte da qualche responsabile locale al pieno utilizzo dello smart working.

Restano, invece, gravemente deficitarie le misure per la rete filiali.

Il contingentamento degli ingressi dei clienti è misura necessaria, ma questo determina numerosi problemi. Spesso i clienti si ammassano nell’area self, antistante l’ingresso e dove sono collocati i bancomat, e la gestione dei flussi provoca malumori e proteste, con situazioni di grave tensione.

E’ necessario, in questi casi, vietare che i colleghi gestiscano la situazione all’esterno della filiale, per non mettere a rischio la loro incolumità.

A tal fine, è fondamentale garantire l’aumento della presenza di steward, ai quali, peraltro, vanno estese le stesse tutele. In questo caso sarebbe utile una cartellonistica molto visibile e chiara che intimi ai clienti che non devono sostare in area self ma devono formare code ordinate all’esterno, attendendo che vengano chiamati per entrare a piccoli gruppi.

L’osservanza della distanza minima richiede un’opportuna gestione dell’accoglienza e l’abolizione dell’accompagnamento dei clienti alle CSA. Laddove residuino postazioni di cassa queste vanno utilizzate al massimo, visto che le distanze, pur non ottimali, sono comunque maggiori  rispetto ad essere fianco a fianco del cliente.

Va osservato, peraltro, che l’OMS ha dichiarato che le banconote possono veicolare il virus. Si richiedono quindi misure adeguate, a partire dalla dotazione di guanti in lattice per chi maneggia contanti.

Vanno valutati tutti i rischi di eccessiva vicinanza, come nelle filiali dove  i clienti vengono accompagnati  in ascensore per scendere alle cassette di sicurezza.

L’attività commerciale deve essere necessariamente ridimensionata e proseguita solo per via telefonica. La disposizione di limitare a 15 minuti gli incontri con il cliente va intesa come gestione di urgenze (bancomat smagnetizzati, problematiche del conto on line, per esempio) ed è di per sé incompatibile con la relazione commerciale che richiede tempi più lunghi.

Si invita a sensibilizzare qualche responsabile che ancora si ostina a chiedere un certo numero di appuntamenti ed il raggiungimento degli obiettivi. Laddove perdurassero questi comportamenti sarà nostra cura segnalarne gli autori.

La questione delle scuole chiuse ha portato alla giusta richiesta di concedere permessi retribuiti, banca del tempo e l’utilizzo di ogni altro strumento per aiutare i colleghi e le colleghe in difficoltà nella gestione dei figli.

In attesa di auspicabili interventi anche del governo, chiediamo la possibilità per il personale della rete filiali di potersi assentare e di effettuare la formazione da casa.

In una situazione di emergenza va valutata la possibilità di una riduzione dell’operatività delle filiali, tarata sugli organici del personale presente e mirata alla prestazione di servizi essenziali.

Distinti saluti

Segreteria Nazionale Cub Sallca

INTESA SANPAOLO – UBI: una valutazione a caldo

 

L’iniziativa di Intesa Sanpaolo di scalare UBI (terza banca italiana) è giunta inattesa e improvvisa. L’operazione richiederà tempo ed iter autorizzativi lunghi, incontrerà ostacoli seri (il Cda di UBI ha, prevedibilmente, respinto l’offerta), ma ha elevate probabilità di realizzazione. A
cose fatte, si sarà formata la terza banca europea per capitalizzazione e la settima per ricavi, con circa 50 miliardi di valore di borsa.
Sono state indagate ampiamente le ragioni di questa mossa, che segue di tre anni la fallita
scalata ad Assicurazioni Generali da parte di Intesa Sanpaolo: uno scenario che qualcuno
continua a ritenere possibile, una volta saliti di peso e consolidato il primato in Italia.
Cominceremo con l’elencare le ragioni che stanno alla base dell’assalto ad UBI, proseguiremo
con l’analisi delle criticità possibili e concluderemo con il punto di vista dei rappresentanti dei
lavoratori su questa vicenda.

Le ragioni
– Crescere di dimensioni è una mossa difensiva verso scalate ostili di provenienza
esterna: la quotazione in borsa rende contendibili, le fondazioni hanno cessato da tempo
di essere presìdi difensivi, una legge assurda le costringe addirittura a ridurre le
partecipazioni bancarie.
– Il mercato è a crescita zero, i tassi sono negativi, i margini sempre più ridotti: realizzare
6 miliardi di utili a fine piano industriale, come aveva promesso ISP, è impossibile senza
una scossa al “perimetro” della platea dei clienti.
– Il principale concorrente, Unicredit, ha varato un piano aggressivo che si basa
principalmente sul taglio dei costi, ma punta anche ad erodere quote di mercato alle
altre banche, in primis proprio ISP.
– Il consolidamento del settore bancario sta per ripartire, dopo il grande freddo dovuto
allo smaltimento dei crediti deteriorati e alle “fusioni per salvataggio” seguite al bail-in,
dopo il 2015: scegliere per primi significa trovarsi meglio dopo.
– I grandi nodi ancora da sciogliere sono la sistemazione del Monte dei Paschi (che deve
essere ceduto dal Tesoro entro il 2021), la ricerca di partner strategici per la Popolare di
Bari, la sorte sempre incerta di Carige e la crescita dimensionale delle banche intermedie
come BPM e BPER: essere già accasati significa potersi sottrarre alle pressioni per farsi
carico dei problemi “di sistema”.
– UBI non è messa male come conti, ma ha visto di recente rafforzarsi i soci piemontesi e
bergamaschi a scapito di quelli storici bresciani raccolti attorno a Bazoli: il successo
dell’OPS può far leva sulle divisioni interne alla compagine azionaria e sul favore dei
fondi d’investimento, che sono ormai decisivi e ragionano solo in termini di puro interesse
economico.

Le criticità
– Investire su UBI significa aumentare la concentrazione sul sistema italiano, un paese a
crescita lenta, con forti problemi strutturali, carenza di investimenti e squilibri territoriali
evidentissimi; la scommessa è l’ulteriore estrazione di valore da una clientela già
ampiamente sfruttata: se non dovesse funzionare?
– Per superare i vincoli anti-trust la banca attaccante ha già fatto un accordo con BPER
ed UNIPOL per cedere 400/500 sportelli e le attività assicurative di UBI: a BPER serve
un aumento di capitale da un miliardo di euro, il che implica una valutazione di 2 milioni
di euro a sportello. I precedenti sono inquietanti: chi comprò da ISP gli sportelli nel 2008
a prezzi sballati pagò cara la propria imprudenza (Carige, Veneto Banca, Popolare di
Bari, Creval avviarono così il proprio declino). Non si rischia il bis?
– Le promesse fantastiche dei promotori dell’offerta di scambio parlano di un aumento di
valore per tutti, manager, soci, azionisti e dipendenti, con dividendi più alti, impieghi più
elevati e decine di miliardi disponibili per investimenti sostenibili sul piano sociale e
ambientale: l’esperienza delle fusioni insegna che il credito si è ridotto e la politica dei
dividendi ha depauperato il capitale sociale, rendendo le banche più fragili al ritorno
della crisi.

Le conseguenze sui lavoratori
– L’unica vera ragione (mai dichiarata) per questo tipo di operazioni è il taglio dei costi,
attuato attraverso la riduzione del personale e la chiusura delle filiali: il mercato è asfittico
e i ricavi non crescono, quindi per tenere alti gli utili si possono solo fare tagli.
– L’obiettivo dichiarato è quello di tagliare 5.000 posti di lavoro, assumendo però 2.500
persone “specializzate” (quindi non nella rete): in questo l’azienda ha avuto l’accortezza
di anticipare la richiesta sindacale (un nuovo assunto ogni due esodati), per smussare
qualunque angolo che rappresenti un possibile ostacolo.
– Il saldo occupazionale si presenta dunque fortemente negativo, a livello aziendale
come a livello di sistema, dove, lo ricordiamo, incombono 6.000 esuberi dichiarati da
Unicredit, 1.300 da Carige, 1.000 da Popolare di Bari, cui aggiungere il completamento
del piano industriale del MPS; e a marzo è previsto il nuovo piano industriale BPM.
– I lavoratori si trovano dunque nel pieno dell’ecatombe, dopo la chiusura dell’accordo
sul CCNL, che era stata venduta come una svolta nelle relazioni industriali e l’inizio di
una nuova era basata sul recupero del potere perduto e dei diritti da riconquistare.
– A questo si aggiunge il forte disagio dei lavoratori che saranno presumibilmente ceduti
a migliaia, insieme agli sportelli che li contengono, alla BPER, in seguito agli accordi di
fusione, con il conseguente stress commerciale per recuperare il costo dell’investimento
e rendere profittevole l’aumento di capitale necessario a sostenerlo.
E’ con grande scetticismo e preoccupazione che dobbiamo quindi valutare
l’operazione della banca torinese: destinata certamente a dare grandi soddisfazioni
agli azionisti, a rafforzare il potere dei manager, a strappare dichiarazioni convinte ai
vertici sindacali.
Invece se ci mettiamo dal punto di vista di chi è vittima delle manovre societarie e delle
ristrutturazioni organizzative, dobbiamo trarre un bilancio decisamente diverso: stress
commerciale, ansia da prestazione, trasferimenti passivi, cessioni indesiderate,
peggioramento del clima aziendale, insicurezza professionale e lavorativa, crisi di
identità, sofferenza psico-fisica.
L’indicatore più preoccupante è la corsa verso l’esodo e la fuga dal “posto migliore dove
lavorare”: una via d’uscita sempre più ambita e indicativa del livello di disaffezione verso
questo lavoro e soprattutto il modo in cui si è costretti a svolgerlo…
E’ invece interesse dei lavoratori resistere ai peggioramenti della propria condizione lavorativa e
difendere i diritti anche e soprattutto nella fasi convulse delle trasformazioni imposte dall’alto:
come sindacato di base ci impegneremo a fondo perché questo accada.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni

Intesa Sanpaolo: aggiornamento su buoni pasto e superamento NRI

DA CUB SALLCA INTESA SANPAOLO
a iscritti/e, lavoratrici e lavoratori

 

Piccola nota per chi ha ancora i buoni pasto cartacei.

La nuova legge di bilancio ha disposto che l’esenzione fiscale sia limitata fino all’importo di 4 euro. Nel nostro caso la parte eccedente (1,16) verrà tassata. Per questo motivo sarà possibile esercitare l’opzione per l’eventuale passaggio al buono pasto elettronico entro il 13 marzo 2020 (decorrenza 1 maggio), fermo restando che non in tutte le zone i buoni pasto elettronici sono facilmente spendibili.

NRI ABOLITA, SI, PERO’….

Proviamo a fare un po’ di chiarezza dopo che l’azienda (non commentiamo neppure l’ennesimo tentativo dei sindacati firmatutto di intestarsi l’ennesima “vittoria”) ha cambiato le regole per lo straordinario delle aree professionali.

Cogliamo l’occasione per ricordare, prima, che la prestazione dei quadri direttivi va resa, di massima, “in correlazione temporale con l’orario normale”delle aree professionali, con le caratteristiche di flessibilità, autogestione ecc..

Lo ribadiamo perché ogni tanto ci giunge notizia di qualche responsabile particolarmente “estroso” che sostiene che “i quadri non abbiano orario”, nel senso che sarebbe potenzialmente illimitato…..

Tornando alle aree professionali, la regola di fondo non cambia: lo straordinario va autorizzato ed è previsto solo per situazioni che abbiano “carattere di urgenza e di non differibilità”. Attenzione, però, perché, anche se autorizzata, la maggiore prestazione parte solo per un periodo pari o superiore a 30 minuti (non più 15) e solo successivamente per multipli di 15.

La maggiore prestazione va ad incrementare la banca ore, fino al raggiungimento di 50 ore (nelle quali sono comprese le 23 ore di dotazione iniziale di banca ore, eventualmente dedotte le 7,30 per il Fondo per l’Occupazione) e viene recuperata entro un massimo di 30 mesi e non viene persa in nessun modo.

Per le eventuali ulteriori ore che vanno da 51 a 100, il lavoratore può scegliere tra recupero o pagamento: tale scelta può essere modificata entro il 30 novembre per avere efficacia nell’anno successivo.

Dalla 101a ora scatta solo il pagamento.

Cambia il sistema anche per le prestazioni non autorizzate. Prima la prestazione non autorizzata veniva giustificata con la causale NRI (presenza senza prestazione). Ora, ma solo se la prestazione è di almeno 30 minuti (e successivi multipli di 15), il sistema genera in automatico un accredito con la causale PAO .

Questa prestazione non confluisce nella banca ore, ma va in un plafond a parte. Soprattutto il recupero (RAO) deve avvenire entro la fine del secondo mese successivo a quando si è verificata la maggiore prestazione. Se non viene fruita nei termini viene cancellata!!

Come commentare tutto questo?

Come prima cosa diremo che, se la maggiore prestazione non viene autorizzata, è buona norma chiudere il pc, salutare ed uscire. Se l’autorizzazione viene data, si deve fare in modo che la prestazione aggiuntiva raggiunga i fatidici 30 minuti. Riteniamo davvero discutibile che nel caso ci si fermi 20-25 minuti non venga riconosciuto nulla, ma, per ora funziona così.

Chi, nonostante la mancata autorizzazione, continuasse a lavorare deve tenere presente che la maggiore prestazione viene registrata, ma che il recupero deve avvenire molto più velocemente e che non ci sono norme di tutela a fronte di eventuali ostruzionismi di responsabili locali rispetto al recupero stesso.

Quindi, consigliamo di evitare di fermarsi, ma, nel caso lo faceste e nascessero problemi, contattateci.

E’ comunque utile ricordare un po’ di storia per capire come nasce il problema.

Nel 2012, dopo aver disdettato gli accordi aziendali e licenziato per rappresaglia gli apprendisti per indurre i sindacati firmatutto ad accordi più favorevoli per lei, l’azienda fa uscire la circolare n. 728 del 5 ottobre .

Nel Protocollo Occupazione e Produttività, firmato pochi giorni dopo, viene scritto e firmato, dai soliti sindacati dalla firma facile, che “il ricorso al lavoro straordinario/prestazioni aggiuntive sarà oggetto di attenta limitazione e sarà disposto dall’azienda solo in caso di particolare urgenza e necessità, come già comunicato con Circolare Intesa Sanpaolo n, 728 del 5 ottobre 2012, che qui si riconferma” (grassettatura nostra).Di fatto un avallo sindacale alla posizione aziendale!

Ovviamente non contestiamo il principio che lo straordinario debba essere autorizzato e pure limitato, ma questo non vuole dire che possa essere fatto e non pagato.

Perché la famigerata circolare recitava che: “tutte le unità in indirizzo eviteranno di richiedere prestazioni oltre il normale orario di lavoro, che ove rese non potranno pertanto essere compensate, fatte salve ovviamente le maggiori prestazioni aventi carattere di urgenza e di non differibilità che dovranno, come disciplinato nelle “Regole in materia di orario di lavoro” allegate, essere preventivamente autorizzate” ecc.

Di fatto si ammetteva che qualcuno potesse fermarsi a lavorare senza compensazione, come abbiamo fatto notare quasi subito con la lettera all’azienda allegata e come abbiamo sempre evidenziato nei nostri esposti di denuncia dello stress lavoro correlato. 

Ci hanno messo solo 7 anni abbondanti per dare una risposta, peraltro parziale e discutibile, a questa situazione intollerabile.