intesa03aACCORDI DI SECONDO LIVELLO: TUTTI GLI OBIETTIVI RAGGIUNTI (DALL’AZIENDA)

Se qualcuno è scontento delle conseguenze che il Nuovo Modello di Servizio ha avuto sulle condizioni di lavoro nella Rete (appesantendo ulteriormente ritmi, stress, pressioni commerciali, …) ha tutti i motivi per preoccuparsi: gli accordi raggiunti, infatti, sono il corollario della riorganizzazione introdotta il 19 gennaio di quest’anno.

La trattativa, chiamiamola così, ha visto il trionfo dell’azienda, che ha imposto i suoi tempi (l’accordo andava chiuso, “prendere o lasciare”, entro il 7 ottobre), le sue priorità e la sua ideologia  (“loro”  ce  l’hanno).  Ai lavoratori, questa volta, è stata persino risparmiata la commedia di una piattaforma “finta”, votata a larga maggioranza e abbandonata un secondo dopo: l’unica scelta rimane quella tra VAP in busta paga o premio sociale.

Tranne pochi ragionevoli “emendamenti” (tra i quali la riduzione da tre a due degli anni necessari  per  consolidare  le  indennità  di  ruolo)  gli  accordi  ricalcano  ( e  addirittura contengono!) le slides aziendali che hanno segnato il percorso. E quello che ancora manca verrà consegnato ai sindacati “trattanti” a tempo debito (è incredibile ma è così).

Del Nuovo Modello di Servizio, i due accordi-chiave (“Premio” e “Inquadramenti”) conservano anche il carattere cervellotico e farraginoso: semplicità e trasparenza abitano altrove.

Tranne i principi di fondo, ovviamente, che sono chiari ed innegabili: aumenta a qualsiasi livello  la  discrezionalità  ed  il  potere  ricattatorio  delle  gerarchie  aziendali,  scende ancora il salario certo a fronte di quello variabile, i diritti da esigere diventano obiettivi da conquistare (e da contendere ad altri).

Tutto ciò è particolarmente vero per l’accordo su Ruoli e Figure Professionali che, guarda caso, riguarda solo la catena di vendita della Rete, rimandando al 2016 ogni discorso su strutture centrali e ISGS (pensate con quale potere di contrattazione, quando l’azienda ha già portato a casa tutto quanto le serviva !!!).

Qui, dopo la disdetta unilaterale da parte aziendale degli accordi precedenti (luglio 2012), si partiva praticamente da zero: il Contratto Nazionale, infatti, è da sempre molto vago sulle declaratorie (i criteri di definizione degli inquadramenti e delle mansioni a cui sono collegati) ed è la contrattazione aziendale che dovrebbe riempire i “buchi ”. Il termine di paragone, quindi, non può che essere la situazione pre-2012 ed il confronto è impietoso.

I criteri di classificazione dei portafogli sono estremamente più complicati e assai meno trasparenti. Il potere discrezionale dell’azienda conseguentemente si amplia ancora. Prima vi erano i percorsi, che consentivano di arrivare fino al 3A4L per il family e al QD1 per personal,  small  e  imprese.  Ora  l’attribuzione  di  un  portafoglio  che  preveda  un inquadramento minimo superiore al proprio, dà diritto solo ad un’indennità di ruolo , (neppure  particolarmente  ricca)  che,  ovviamente,  si  può  anche  perdere  cambiando portafoglio. Se non succede nulla, dopo due anni scatta l’inquadramento superiore effettivo, ma solo all’interno delle aree professionali: al QD1 non si arriva più.

Chicca finale (che, come ormai ci siamo abituati a vedere, consente all’azienda di risparmiare da qualche parte assai più di quanto spende dall’altra) le indennità di ruolo entrano nella base di calcolo della previdenza complementare ma non in quella del TFR !!

I percorsi in essere, che avevano subito già un ritardo di 18 mesi dopo l’accordo del 19 ottobre 2012, verranno finalmente portati a termine, ma solo se il ruolo ricoperto dopo l’introduzione del NMS è coerente con il percorso stesso.

Il nuovo sistema determinerà ovviamente un massiccio sovra-inquadramento, soprattutto tra i quadri. Per compensare almeno chi ha fatto il corso da promotore, per i QD gestori personal con portafoglio di fascia A (iscritti all’albo e autorizzati per l’offerta fuori sede) è prevista un’indennità di 1.200€ lordi annui non consolidabile. Stesso trattamento per i QD gestori imprese con portafoglio di fascia A e B.

Meccanismi analogamente penalizzanti valgono anche per i Direttori (cui viene per lo meno ripristinata, con decorrenza 19 gennaio ’15, l’indennità di direzione). Anche le filiali verranno classificate attraverso un grottesco e complicato ventaglio di parametri che sostituirà l’unico attuale basato sul numero di dipendenti (guarda caso ora che si “accorpano” gli sportelli …). Anche per loro, la direzione di una filiale per la quale spetterebbe un grado superiore non comporta l’avanzamento (che scatterà solo con l’adibizione ad una filiale di fascia ancora superiore)  ma  la  semplice  erogazione  di  un’indennità  di  ruolo  che  viene,  anche  qui, consolidata dopo due anni. Se nulla nel frattempo accade….

Alla faccia dello strombazzamento di azienda e sindacati “firmatari” sul riconoscimento della professionalità, l’intero sistema comporta, tendenzialmente, un sostanziale abbassamento del livello di inquadramenti e dei connessi riconoscimenti economici. E questo in un momento in cui il nuovo modello di servizio ha imposto ad ogni ruolo una complessità di mansioni e di competenze richieste assai superiore a prima.

Per fortuna che, almeno, è stato ottenuto il mantenimento del diritto ad ottenere il trattamento economico della 3A4L dopo 32 anni di servizio !!!

E  tuttavia  l’elemento  più  preoccupante  non  è  economico  ma  è  legato  al  fatto  che  i meccanismi ideati dall’azienda (e supinamente accettati) tendono ad aggravare uno scenario già pesante: non solo le pressioni commerciali sono “incorporate” nel sistema ma viene esaltata l’efficacia ricattatoria del potere della gerarchia aziendale che potrà esercitarsi su un ben più ampio insieme di variabili: ci sarà sempre una filiale o un portafoglio “meno complesso” nell’orizzonte di chi cercherà di non piegarsi e reagire.

Completa l’opera il disastro annunciato fatto con la definizione del nuovo Premio Variabile di Risultato (PVR) che, a partire dal 2015, unificherà e sostituirà VAP e Sistema Incentivante. Diciamo “annunciato” perché ricorderete che si tratta di una delle grandi “conquiste” del pessimo rinnovo del CCNL del 2012. I sindacati “firmatari” si danno come obiettivo quello di concordare  e  regolamentare,  rendendoli  più  equi  e  trasparenti,  i  sistemi  incentivanti discrezionali previsti dalle aziende e per ottenere tale risultato sono disponibili a mettere sul piatto il VAP. Si tratta di una possibilità non di un obbligo ma figuriamoci se i sindacalisti della prima  banca  del  paese  si  lasciano  sfuggire  l’occasione.  E  finisce  esattamente  come avevamo già previsto nel 2012: il VAP scompare, diventando l’esigua “quota per tutti” del sistema incentivante e questo permane con tutte le sue brutture e storture (e la totale discrezionalità aziendale). Solo che ora i Sindacati vi appongono la firma e questa, anche per noi, non è cosa da poco visto che, in questo modo, se ne assumono la corresponsabilità.

Ma naturalmente, ci diranno in assemblea, che l’accordo è sperimentale e si può sempre tornare indietro …

L’importo del PVR 2015 è pari a 73 milioni di Euro, non una gran cifra, ma naturalmente (come per il VAP 2014) mica si può dimenticare il Lecoip …

Il 30% viene erogato come Premio Base a tutti se viene raggiunto il budget di Gruppo. Se ciò non accade, ma l’azienda non è in perdita e sono a posto un paio di parametri patrimoniali, il premio viene erogato all’80%.

L’erogazione individuale, uguale per tutti, può arrivare ad un massimo di 355€ lordi (oltretutto questo importo viene pesantemente decurtato per chi ha una RAL mediamente più alta della sua figura professionale) oppure a 455€ lordi per chi ha una RAL inferiore ai 35.000€.

Questa componente è l’unica in qualche modo “garantita” (quanto meno all’80%) e assimilabile al vecchio VAP. L’importo però è enormemente più basso.

Ricordiamo che il primo VAP post fusione, nel 2008, prevedeva 1.940€ lordi per la figura del 3A3L. Di anno in anno questa cifra è andata diminuendo, soprattutto per i lavoratori che non hanno convenienza ad optare per il premio sociale, sino ai 395€ cash e 460€ di premio sociale (600€ e 700€ rispettivamente per chi ha RAL inferiore ai 35.000€) stabiliti ora per il 2014.

Cifre modeste, se non considerate come conguaglio al Lecoip, ma comunque superiori alla quota quasi-certa del 2015 !!

Sul Lecoip occorre poi aprire una parentesi per evitare di farsi abbindolare dai piazzisti della finanza creativa. Nel 2018 genererà cifre significative (per quell’80% di colleghi che vi ha aderito e che nel frattempo non sia incappato in qualche sanzione disciplinare) ma coprirà a posteriori ben quattro anni ed è comunque un’operazione finanziaria e ideologica che ha un forte tornaconto per l’azienda che, grazie al suo impianto basato su castelletti di derivati, non costerà all’azienda che una parte di quanto “anticipato” per noi ( tra l’altro con una forbice spaventosa che fa gravare su tutti i super premi per top manager e alta dirigenza).

Tornando al PVR, sul misero premio-base poggia una piramide che assegnerà il 45% come Premio Aggiuntivo (se raggiunto il budget di divisione o, in assenza, ancora quello di Gruppo) con una distribuzione che comincia a diventare importante (a titolo di esempio, per il Retail, 145€ all’Assistente della clientela, 345€ al Gestore, 1.645€ al Direttore di fascia 3).

E, infine, il 25% come Premio di Eccellenza, riservato ovviamente a pochi e sventagliato in maniera ancor più rilevante (ad esempio, in una filiale di fascia 3 che raggiunga il massimo di eccellenza, l’Assistente prende 2.250€, il Gestore 4.200€, il Direttore 16.000€).

Laccesso all’ “eccellenza” rimane totalmente nel regno della discrezione aziendale : se nelle sedi centrali si potrà almeno continuare a guardare negli occhi il maestro che ti ha dato la pagella, in rete l’opacità e la manipolabilità del sistema raggiungono livelli parossistici. Miriadi di parametri tra cui pochi al momento conosciuti. Qui i “firmatutto” hanno davvero reso onore al nomignolo che spesso utilizziamo per qualificarli perché sono state fornite loro solo un paio di slides esemplificative (per modo di dire).

Per inciso, in un riga si cita persino la parola “formazione” il che, forse, avrebbe dovuto sollecitare i sindacati a cogliere l’occasione per normarne meglio la fruizione che oggi, in filiale, è prevalentemente fonte di stress (tra un cliente e l’altro) e di straordinari non pagati.

Resta il fatto che un collega 3A3L, che oggi possiamo immaginare intento a lavorare come PAR, se non raggiunge “l’eccellenza”, non potrà andare oltre i  700€ lordi di premio (vecchio VAP compreso) a fronte di un sistema incentivante sottoscritto anche dai sindacati che di equo e trasparente non ha nulla.

Con i due accordi principali (il bastone che arma il nuovo sistema di “inquadramenti super flessibili” e la carota del PVR per gli eccellenti che si sceglierà) l’azienda sistema a suo piacimento la partita delle pressioni commerciali e del clima aziendale , lasciando i sindacati  a  crogiolarsi  con  le  “significative  acquisizioni”  dell’accordo  specificatamente dedicato al tema. E’ ipocrisia allo stato puro concorrere alla codifica di un modello lavorativo sempre più connotato da discrezionalità, flessibilità, ricattabilità del lavoratore ed assoluto predominio dei budget di vendita imposti dall’alto e poi magnificare il fatto di aver istituito il libro delle doglianze per segnalare al Comitato Welfare, cogestito da azienda e sindacati, chi esagera, magari perché troppo poco “formato”.

Più che presidiare la casella mail iosegnalo@intesasanpaolo.com (ma come può venire in mente?) i sindacalisti “firmatari” tornino a presidiare le filiali e le sedi per aiutare i lavoratori a dare risposte collettive e conflittuali.

Anche l’accordo che sancisce la creazione del  Nuovo Fondo Pensioni di Gruppo non sfugge alla logica generale di questa tornata di contrattazione.

Si tratta di un obiettivo fortemente voluto dall’azienda (che spinge oltre tutto per tempi accelerati non condivisibili) perché fonte di notevoli risparmi gestionali.

Sicuramente positivi sono il progressivo  aumento della contribuzione per i lavoratori più giovani (che arriverà al 3,5% dagli inizi del 2018) e la possibilità, per chi ancora non ce l’ha (ad esempio gli iscritti al FAPA), di sospendere la propria contribuzione senza che venga meno il versamento aziendale. Ovviamente si tratta di un percorso che parte e che andrà seguito con estrema attenzione , cosa che evidentemente faremo con i nostri rappresentanti negli attuali Fondi, per evitare che produca danni per i lavoratori. Già ora stiamo facendo tutti gli opportuni approfondimenti per verificare che i citati aumenti delle contribuzioni minime non  siano, quanto meno in parte, vanificati da una codifica più restrittiva delle voci retributive sulle quali sono calcolate.

Abbiamo lasciato per ultimo l’accordo che si occupa della cosiddetta “ conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” e sul quale (senza esagerarne la portata) si può esprimere un giudizio positivo che andrà peraltro verificato sulla base di dati concreti.

Nella Banca del Tempo l’azienda mette un plafond iniziale di 50.000 ore, non poco, ma la possibilità di utilizzo di tale strumento è limitato ad una casistica molto ristretta. Qualche malizioso ha subito osservato che questa azienda così filantropica, magari, avrebbe potuto ripristinare i permessi per visite mediche per tutti

Interessante, inoltre, sarà vedere quanti colleghi usufruiranno delle giornate di sospensione volontaria, retribuite al 35% (con corrispondente contribuzione ridotta), per un massimo di 15 giorni. A fronte di organici sempre ridotti all’osso (quanto meno in Rete) c’è il rischio che si riveli  una  possibilità  “teorica”  che  se  offre  “una  via  di  fuga”  a  qualcuno  aggrava  una situazione già pesante dal punto di vista dello stress lavoro correlato (tema su cui l’azienda è ampiamente inadempiente).

Il giudizio complessivo sui sei accordi raggiunti è sicuramente negativo.

Il NO in assemblea è un segnale importante da mandare all’azienda ed a quei vertici sindacali il cui ruolo è sempre più quello di rendere percorribili e accettabili i disegni aziendali e non di contrastarli partendo dal diverso punto di vista del Lavoro.

Ma il NO in assemblea non è palesemente sufficiente. Occorre reagire e non abbandonarsi allo sconforto per il sistema totalizzante che ci ritroveremo di fronte. E’ necessario autoorganizzarsi per resistere tutti i giorni, collettivamente, ribadendo che, per tanti di noi, non è sostenibile (e comunque non condividiamo e non ce ne rendiamo complici) un modello di banca basato su un utilizzo del Lavoro (pagato il meno che si può e premiato solo se acquiescente)  come  mero  strumento  per  sostenere  politiche  commerciali  rapinose  e generare extra-profitti a vantaggio esclusivo di grandi azionisti e manager.

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