Dopo 6 giorni e 3 notti di trattativa febbrile, il 18 ottobre è arrivato l'accordo annunciato sugli esodi Unicredit. Il contenuto si può sintetizzare schematicamente in 10 punti.

1. L'azienda ottiene di risparmiare i prefissati 422 milioni di euro, attraverso il taglio del personale per ulteriori 4.700 addetti, che insieme ai 2.500 già estromessi dopo la fusione con Capitalia, fanno 7.200 persone uscite dal gruppo (sui 55.000 addetti italiani).

2. Le 4.700 persone includono 600 esodi bloccati a giugno dalla manovra del governo (per loro si riaprirà il fondo esuberi entro il 26 novembre), 3.000 esodi da realizzarsi entro il 2013 e altre 1.100 persone che se ne dovranno andare entro il 2015. L'azienda ha solo un po' diluito nel tempo il suo piano.

3. La volontarietà sbandierata è solo formale: se entro il 15 novembre non si raggiungono i numeri programmati, scatta la procedura prevista dalla 223/91 e quindi l'obbligatorietà dell'uscita per chi ha i requisiti d'anzianità e di vecchiaia, senza incentivi. E' la conseguenza dell'accordo del 3 agosto 2007, che aveva visto un eccesso di volontari per accedere al Fondo Esuberi, ma un numero ridotto di adesioni tra quelli che avevano maturato il diritto alla pensione: ora o accettano gli incentivi o verranno licenziati e dovranno ricorrere alle vie legali.

4. I "volontari" riceveranno un incentivo articolato in modo diverso, a seconda della modalità d'uscita prescelta: a) uscita alla maturazione del diritto: una indennità compresa tra 6 e 16 mensilità, rapportata inversamente all'età, cui si somma una cifra mensile pari al 70% dell'ultima retribuzione netta, da erogarsi per i mesi interi che mancano per accedere alla finestra; b) uscita all'apertura effettiva della finestra pensionistica: 50% dell'indennità di cui sopra e null'altro. In pratica si tratta del mero indennizzo di quanto si perde in termini economici complessivi. 

5. Inoltre ai lavoratori che, uscendo, non potranno raggiungere i 40 anni di contributi, viene offerta una cifra di 1000 euro per ogni anno che manca (5000 euro netti massimo); a coloro che, uscendo, rinunceranno ad andare in pensione con il sistema retributivo o misto, per scegliere il contributivo, verrà data la stessa cifra, con lo stesso limite.

6. In cambio l'azienda confermerà 1077 apprendisti, che quindi non sono di nuova assunzione, ma lavoratori già occupati. Inoltre effettuerà 121 assunzioni già previste da un accordo del 2008.

7. Infine l'azienda assumerà circa 1000 persone nei prossimi tre anni, senza però applicare loro il contratto integrativo. Dovranno accontentarsi solo di quanto prevede il CCNL, con l'eccezione della previdenza (3% di contributo aziendale), della cassa assistenza (ma a prestazioni ridotte e pagamento a carico iscritto), polizza infortuni e condizioni bancarie agevolate.

8. Nell'ambito dell'espansione dei "canali evoluti" è previsto che una parte degli apprendisti da assumere venga impiegato su sei giorni e in orari serali, senza "ulteriori oneri a carico aziendali, oltre a quelli previsti dal CCNL".

9. Per ridurre i costi si prevede: un ferreo controllo su straordinari e lavoro supplementare (evidentemente considerati una ingiustificabile integrazione di reddito, anziché una penosa necessità legata ad organici sempre carenti); la massima disponibilità a concedere il part-time "in tutte le forme possibili" (vedremo se l'impegno sarà rispettato); la spinta verso la fruizione di "periodi sabbatici", fino a due anni, per formarsi, divertirsi, lavorare altrove, fare volontariato e così via. Tutto è consentito, pur di levarsi di torno e non pesare sui costi…

10. La perla di tutto l'accordo, l'acuto vero, il luogo dove si raggiunge l'apice dalla comicità involontaria e surreale, è la "Dichiarazione sulla solidarietà intergenerazionale", che va riportata per esteso perché nulla deve restare impunito: "Le Parti convengono sull'opportunità di costituire una Commissione paritetica di analisi e studio per formulare proposte in ordine alle modalità con cui dare concreta attuazione ad una politica attiva di solidarietà generazionale all'interno del Gruppo Unicredit". Testuali parole: come se per 15 anni non avessero fatto di tutto per distruggerne, in modo sistematico, ogni residuo, ad ogni accordo, ad ogni trattativa, ad ogni svolta negoziale….

L'accordo è stato siglato in contemporanea con l'accordo sul VAP, che prevede una cifra a stralcio media di 1900 euro (su un 3A3L), cui si somma un contributo di 100 euro a copertura della polizza odontoiatrica. Si tratta di un calo di circa 300 euro rispetto l'anno precedente, ma i sindacati firmatari sostengono che va bene così, vista la dinamica dei profitti del Gruppo. Una tematica su cui il vertice aziendale ha evidentemente posizioni diverse, facendo registrare un raro caso di divergenza di opinione tra sindacati e management: basti pensare che nel 2009 Unicredit ha stanziato 65 milioni di euro per i top-manager, rispetto ai 41 dell'anno prima, nonostante che gli utili fossero crollati da 4 a 1,7 miliardi di euro!

D'altronde, come indignarsi, quando Profumo è stato liquidato con 40, Geronzi con 21,5 e Arpe con 37,4 milioni di euro?

Ed è qui che va rintracciata la ragione fondamentale che viene portata a giustificazione di questo ennesimo piano di riassetto, perfettamente riassunta nelle prime cinque pagine dell'accordo che diligentemente, devotamente e responsabilmente le sigle sindacali hanno firmato, senza consultazione alcuna dei lavoratori che rappresentano. Ed è giusto che sia così, che le ragioni dell'impresa facciano parte integrante degli accordi, anzi ne siano premessa, cappello e sostanza, perché sottendono, racchiudono e compendiano tutta la visione del mondo dei sindacati che firmano, sindacati subalterni sul piano teorico, culturale, etico e politico.

Le ragioni del riassetto stanno nel crollo degli utili del 75% dal 2007 al 2010, nella flessione della profittabilità e dell'efficienza, nel costo del rischio, nell'impennarsi delle perdite, nell'allontanamento della clientela, nella perdita di contatto con i territori di riferimento, nell'allungamento di una catena decisionale spersonalizzata, nella divisionalizzazione spinta, che adesso viene smantellata. Nel progetto One4C vengono rifuse le realtà che precedentemente erano state separate e intanto si chiudono sportelli, si declassificano filiali, si punta all'automazione e alla scomparsa delle casse. Si pagano decine di milioni di euro in nuove commissioni di "consulenza strategica" alle stesse società, che qualche anno fa consigliavano di fare l'opposto di cosa si deve fare ora.

Il conto da pagare viene girato alla componente più debole, ai lavoratori che hanno tenuto in piedi il gruppo con il loro impegno, la loro dedizione, la loro tenacia. Questo ennesimo scambio al ribasso, che viene spacciato come esempio di solidarietà intergenerazionale, è solo il più recente episodio di un lunga serie di regali fatti alle banche, che fanno gli utili sulla nostra pelle, giocando sulla stanchezza infinita dei lavoratori in servizio e la drammatica ricattabilità dei giovani disoccupati.

Vogliamo provare a farli smettere?

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni

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