Negli articoli sul nostro portale e nelle parole dei nostri dirigenti ricorre spesso il tema della grandezza e dell'importanza del nostro gruppo, fonte di garanzia e orgoglio per tutti i lavoratori. Ci sono tanti modi per valutare un'azienda bancaria e non, il contesto è in rapida evoluzione e quindi non è facile fare confronti. Ma per una cosa Unicredit certamente spicca nel panorama bancario italiano:

E' L'UNICO GRANDE GRUPPO BANCARIO CHE NON HA DATO E NON VUOL DARE UN EURO DI VAP AI SUOI DIPENDENTI.

Le motivazioni sono semplici e scontate come la strategia finora seguita nel gestire il personale: tagliare, tagliare e tagliare. Gli insuperati studi di Pavlov hanno chiaramente dimostrato che il condizionamento funziona molto meglio con stimoli negativi piuttosto che con stimoli positivi: quindi perché buttare via soldi in promozioni, premi e inquadramenti quando si può minacciare? I responsabili in fondo sono pagati per qualcosa.

Fra i sindacati firmatari del nuovo, meraviglioso contratto c'è stupore e indignazione. Proprio loro pochi mesi fa hanno provato, con risultati abbastanza scarsi, a zittire chiunque provasse a dire che bisognava mobilitarsi seriamente perché la situazione era insostenibile: ora devono constatare con amarezza che l'azienda ha intascato il "regalo" ma non per questo è disponibile a trattare, anzi. E finalmente, dopo la vergognosa parentesi delle assemblee, dopo l'assalto all'articolo 18, per una questione prettamente aziendale e alquanto circoscritta (pur sempre di una certa rilevanza economica, è chiaro) ricorrono allo sciopero.

Va detto che il problema del VAP non esiste dall'altro ieri, anche se evidentemente c'erano questioni più "interessanti" su cui si volesse o dovesse concentrare l'attenzione. Era abbastanza scontato che dopo le svalutazioni monstre dell'autunno scorso il bilancio si chiudesse in negativo, nonostante il contributo positivo della gestione ordinaria (che è quella su cui si possono ragionevolmente valutare i lavoratori), e già allora qualcuno avrebbe potuto porsi il problema. Ma da noi, soprattutto a livello di contrattazione aziendale, da molto tempo si naviga a vista e questa trattativa non pare l'eccezione.

Chiudere a stralcio portando a casa qualcosa, qualsiasi cosa, e ricominciare da capo l'anno prossimo (negli ultimi anni abbiamo SEMPRE perso qualcosa per strada, indipendentemente dai risultati di bilancio) potrebbe essere presentato come una grandiosa vittoria dai teorici del "poco è meglio che niente", ma non farebbe molto né per cambiare la situazione attuale che è pesante, nè per proseguire in modo ragionevole le trattative su un piano industriale che sa vagamente di decimazioni per rappresaglia.

Per cui ben venga la mobilitazione, che è anzi fin troppo tardiva, ma non si cada nella tentazione di risolvere il tutto con un "contentino", magari pagato a caro prezzo con altre concessioni. Se mai c'è stato qualche dubbio circa l'impostazione dell'azienda ora non ci sono più scuse; ed è evidente che tutto ciò che davamo per scontato, i cosiddetti "privilegi" in cui molti ancora credono (o sperano) sono un castello di carte su cui sta tirando un vento piuttosto forte.

Dobbiamo difenderci costruendo una forte e organizzata alternativa sindacale.


C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Gruppo Unicredit

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