LE USCITE OBBLIGATORIE E LE DEROGHE CONTRATTUALI.
SOPRATTUTTO QUALE FUTURO PER I LAVORATORI DI UBIS?

Sabato 15 Settembre le delegazioni sindacali del primo tavolo del Gruppo Unicredit hanno raggiunto gli accordi su Vap e Piano Industriale 2015. Il tono trionfalistico dei comunicati unitari distribuiti subito dopo le firme ci pare davvero fuori luogo.

Per quel che riguarda il Vap si tratta del peggior risultato degli ultimi anni: dimezzata la parte monetaria rispetto all'anno passato e, anche considerando i 350 Euro destinati al Fondo Pensione ed i 150 di contributo per spese odontoiatriche, risulta dimezzato il premio totale rispetto al 2009. Si tratta, insomma, di un contentino che non valorizza il ruolo e l'impegno dei lavoratori, gli unici che non portano responsabilità per le scelte sbagliate del top management, e che suona anche come una beffa dopo uno sciopero che ha finito solo per rappresentare un ulteriore sconto all'azienda. Unico dato positivo il "mini premio" da 500 Euro (più 500 per la previdenza integrativa) per i neoassunti ex Protocollo 18/10/2010, già esclusi da molti benefici degli accordi aziendali.
Riguardo il Piano Industriale, in aggiunta al piano precedentemente stilato c'è la conferma che in azienda ci sono 800 FTE (risorse umane a tempo pieno) di troppo da far uscire entro la fine del 2015. Siamo in presenza dell'attivazione di esodi obbligatori di fatto (o esci con l'incentivo o te ne vai comunque).
Com'era prevedibile il Piano di assunzione dei giovani a basso costo, fiore all'occhiello del rinnovo del CCNL di categoria, resta lettera morta. Se ne parlerà una volta verificato il raggiungimento degli obiettivi di uscita di personale previsti dal presente accordo.

Per tutelare i 1.800 colleghi esodati/esodanti da eventuali modifiche normative, l'Azienda si è resa disponibile a garantire la riassunzione in servizio a tempo determinato con successiva cessazione non appena in possesso dei requisiti pensionistici secondo la disciplina di legge. Questo beneficio però non sarà gratuito, ai colleghi interessati non verrà infatti erogato il VAP 2011. Insomma è chiesto loro di farsi – a proprie spese – una sorta di "polizza tutela lavoro" .

Il resto delle misure apre spazi alle deroghe contrattuali: per la mobilità territoriale, l'accordo prevede che l'Azienda prima di procedere a trasferimenti che comportino un mutamento della sede di lavoro ricercherà ogni possibile soluzione atta a individuare modalità organizzative che consentano di evitare tali ricadute come per esempio l'utilizzo della multipolarità quale strumento idoneo ad attenuare le problematiche della mobilità territoriale attraverso l'allocazione periferica di attività. Nell'ambito della mobilità infragruppo questa avverrà in via eccezionale tramite lo strumento del distacco senza necessità di consenso ed i Lavoratori/Lavoratrici interessati potranno essere utilizzati anche in mansioni non strettamente equivalenti; i distacchi saranno temporanei e comunque limitati, al massimo, alla durata del Piano Strategico (31 dicembre 2015).

Siamo in presenza di distacchi forzati e con demansionamenti accettati passivamente dai sindacati, ma l'accordo ha un unico pregio: viene tutelato il posto di lavoro dei colleghi che lavorano nella banca capogruppo, evitando loro di finire nelle maglie del progetto di esternalizzazione "Newton".
C'è anche un piccolo giallo in questa vicenda: in una prima stesura la bozza d'accordo presentata dall'azienda richiamava il progetto di esternalizzazione che coinvolgerà migliaia di lavoratori di Ubis. Come portare lavoratori dalla Banca al Consorzio se quest'ultimo verrà ceduto in una sorta di spezzatino? Ecco la trovata che salva l'Azienda ed i sindacati: il distacco.

Nel sottolineare che tali persone non saranno interessate dai progetti "Newton", si ammette implicitamente che per il resto del personale già facente parte di Ubis, il rischio c'è e rimane, ed è reale.
Ma le esternalizzazioni non sono fatte per un'opportunità di Business? O forse qualche rischio è presente ed anche l'Azienda ne è conscia? Naturalmente, su raccomandazione sindacale, la frase è stata tolta dalla stesura definitiva del testo.
La questione vera è che l'Azienda non ha un serio piano industriale e che non dispone di un management in grado di portarla fuori dal pantano in cui si è ritrovata. Essendo percepita dal mercato come entità a rischio, Unicredit paga oggi un costo di rifinanziamento/raccolta molto più elevato rispetto ai principali concorrenti. Se questo costo ci penalizza per più di 2 miliardi di euro l'anno, com'è possibile che il Management pensi di risollevare le sorti del Gruppo cedendo pezzi del Consorzio che potranno generare (forse) risparmi per 700 milioni di Euro in 5 anni? E' questa la spinta industriale che il nostro Management è in grado di offrire? Qui non si vede nessuno stimolo imprenditoriale capace di portare ossigeno al Gruppo.

Che quest'accordo sia da rispedire al mittente è ormai chiaro, anche perché nasconde un pericolo ben celato: incentivi alla flessibilità della prestazione lavorativa e nuovo confronto entro il mese di febbraio 2013.
In tale ambito le Parti valuteranno anche la possibilità di creare nuove opportunità occupazionali attraverso l'utilizzo degli strumenti introdotti dal rinnovo del CCNL Abi e facendo ricorso alle forme solidaristiche rese possibili dal D.M. del 3 agosto 2012. Per dirla in termini semplicistici, l'Azienda è conscia che a fine anno il risultato economico sarà pesantemente negativo e che le manovre messe in campo ora non saranno sufficienti a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Prepariamoci al peggio, d'altra parte si sta già raschiando il fondo del barile: niente più monetizzazione delle ex festività e chi non le fruirà perderà ogni diritto, in via del tutto eccezionale i residui del 2012 saranno riportati ad incremento della spettanza relativa all'anno 2013.
Rileviamo ancora, come informazione, che ciascun dipendente maschio nato sino a tutto il 31 dicembre 1959 è tenuto ad inoltrare al proprio Ente previdenziale – entro il 31 ottobre 2012 – la propria richiesta di accredito figurativo della contribuzione connessa all'espletamento degli obblighi di leva di cui abbia titolo (non comportante oneri di riscatto per l'interessato), dandone contestualmente informazione all'azienda.
Sul fronte consulenze vi è un impegno di facciata che non troverà riscontri seri: McKinsey ha incassato 6 milioni di Euro solo per i progetti Gibson (esternalizzazione IT) e Domino (insourcing attività) e soprattutto è l'ispiratrice di questo Piano; eliminare tale consulenza produrrebbe un grosso risparmio economico e la fine della produzione di pessime idee!

Insomma tanti motivi per respingere quest'accordo e per essere lecitamente preoccupati per il futuro dei lavoratori del Gruppo. E' necessario organizzarsi e costruire un'alternativa sindacale per contrastare questa deriva che non potrà che portare ad ulteriori accordi negativi.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Gruppo Unicredit

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