E' passato quasi un anno da quando è stata ufficializzata la fusione tra Intesa e Sanpaolo. Il clima lavorativo è peggiorato, le provocazioni aziendali sono continue, i contratti vengono svuotati o disattesi, 400 filiali sono state o saranno vendute.

I sindacati trattanti ci dicono di stare tranquilli: tutto è sotto controllo. A noi non sembra proprio.

Infatti, oltre all'intesa sul "percorso" da seguire (peraltro più volte disatteso e di una lentezza esasperante) solo tre accordi di una certa sostanza, finora, sono stati fatti con la nuova banca.

Quello sul "fondo esuberi", in relazione al quale i sindacati trattanti hanno esaltato il fatto che le uscite sarebbero state accompagnate da molte assunzioni. Oggi il dato è chiaro: 1 assunzione ogni 10 esodati.

Poi è venuto l'accordo sulle relazioni sindacali, su cui non ci dilunghiamo perché per i lavoratori non ha particolari conseguenze, al di là di un ulteriore accentramento delle sedi di confronto.

Infine, è arrivato l'accordo sulla cessione delle filiali a Friuladria, già più volte commentato nei nostri volantini, e che possiamo tranquillamente definire il peggior accordo in materia nel settore.

Ma i problemi non finiscono qui.

L'accentramento dei back office sui 16 poli sta procedendo con scarsa attenzione per le esigenze dei singoli (era stato detto che nei colloqui individuali se ne sarebbe tenuto conto). Cresce la tensione tra i colleghi per i trasferimenti e per l'aggravamento della qualità del lavoro. Il peggioramento del servizio alla clientela è già fin troppo evidente e prevedibile, sulla base delle esperienze fatte negli anni passati.

Molti lavoratori delle sedi stanno sperimentando la vita da pendolari per continuare a fare il proprio lavoro. Le minacce di trasferimenti "forzosi" si infittiscono con modalità spesso inqualificabili. Nessuno sembra in grado di garantire nemmeno il rispetto delle norme contrattuali vigenti. 

Continua il trend di crescita delle rapine, che sta mettendo a dura prova i nervi dei colleghi colpiti dagli eventi criminosi. Qui la fusione è proprio riuscita bene: poche guardie in Intesa, poche guardie al Sanpaolo, molte rapine nelle vecchie e nella nuova banca.

Non si è ancora risolta neanche la tragicommedia delle buste paga dei dipendenti ex Sanpaolo, e anche su questo abbiamo già scritto. Dobbiamo continuare? E allora che si fa?

Molti colleghi ci chiedono sconcertati: cosa aspettano a reagire i sindacati trattanti (trattanti che cosa, poi)? Bisognerebbe girare a loro la domanda. Quello che è certo sono i risultati che questo attendismo produce: l'azienda fa quello che vuole e tra i lavoratori crescono rassegnazione, disorientamento, passività.

E allora non possiamo più girare intorno al problema. Bisogna reagire e la Cub-Sallca ha deciso di dare avvio alle procedure per arrivare a proclamare lo sciopero generale nazionale di tutto il gruppo Intesa Sanpaolo.

Riteniamo necessaria la mobilitazione di tutti i lavoratori per:

  • Sbloccare la trattativa sulla fusione, che procede a rilento e senza una piattaforma definita. L'obiettivo deve essere un contratto integrativo per tutti i lavoratori del gruppo, confermando ed estendendo le condizioni migliori presenti nei contratti e negli accordi delle banche pre-fusione. Ricordiamo che, a fine anno, scade il contratto integrativo ex-Sanpaolo, mentre in Intesa un vero contratto integrativo non c'è mai stato.
  • Modificare radicalmente l'approccio per la trattativa sulle filiali cedute. Il primo accordo per la vendita a Friuladria è impresentabile e va cancellato. Un nuovo accordo deve partire dal principio della volontarietà del lavoratore, che deve poter scegliere se vuole andare nella banca acquirente e deve essere opportunamente incentivato a tal fine. L'obiettivo va raggiunto con le lotte e, se ciò non basterà, anche ricorrendo alle vie legali.
  • Ridiscutere il progetto di accentramento dei back office. Va aumentato subito il numero dei poli per ridurre i problemi di mobilità. Ci deve essere una reale attenzione per i problemi individuali dei lavoratori. Devono essere previsti meccanismi di rotazione nelle mansioni, per limitare la ripetitività delle stesse. Vanno monitorati gli organici sia dei poli, sia delle filiali e centri imprese da cui provengono i lavoratori per un'equilibrata distribuzione dei carichi di lavoro. Vorremmo sapere se l'azienda riterrà di attivare meccanismi di verifica di "soddisfazione del cliente" (scusate se siamo un po' retrò: lo diciamo in italiano…), per verificare la bontà della sua scelta organizzativa.
  • Riproporre al centro dell'azione sindacale la questione della sicurezza antirapina. Torneremo a chiedere con forza le uniche soluzioni vere al problema: guardie fisse o blindatura (dove tecnicamente possibile), il resto sono solo chiacchiere.
  • Prevedere il pieno rispetto delle regole su trasferimenti, pendolarismo e missioni stabilite dai contratti in essere.

Questi sono alcuni dei principali temi e le proposte su cui la Cub-Sallca chiamerà i lavoratori alla mobilitazione. Avremmo voluto non essere i soli a farlo, ma non possiamo costringere gli altri se non lo vogliono fare.

Non è più tempo di attendismi. La situazione sta precipitando e noi non vogliamo continuare a subire passivamente, ma reagire nell'unico modo possibile: scioperando.

Adesso la parola passa ai lavoratori, che devono fare valere le proprie ragioni ed i propri interessi, se vogliono difendere il loro futuro.

C.U.B. – S.A.L.L.C.A.
Intesa Sanpaolo

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