Il prolungamento della possibilità di accedere al fondo esuberi fino al 2009 (per tutti coloro che matureranno il diritto alla pensione con finestra d'uscita al 1 gennaio 2015) è stato presentato come un successo dalle organizzazioni sindacali firmatarie. Ma è proprio così?
L'accordo arriva dopo che l'azienda aveva drammatizzato il confronto, aprendo la procedura per la gestione degli esuberi prevista dal CCNL e minacciando l'uso del fondo su base obbligatoria e finanche i licenziamenti.
La conferma del fondo su base volontaria e con incentivi (ma se nel 2009 non verranno raggiunti i 2.300 esodi pretesi dall'azienda, l'uscita obbligatoria scatterà in ogni caso) può apparire, in quest'ottica, un dato positivo, se si accetta sempre di giocare con le regole imposte dalla controparte.

Noi però vorremmo provare a dare un'altra chiave interpretativa. A dicembre 2006, senza ancora un piano industriale che facesse da pretesto, veniva avviato, in via preventiva, il primo accordo per gli esodi incentivati. Anche allora venne presentato come un successo e accompagnato dall'enfasi sulle nuove assunzioni previste.
Allora come oggi i media hanno volgarizzato la tesi che ci sarà un'assunzione ogni due uscite. Eppure la formula resta la stessa: un'assunzione ogni due esodati in filiale e con ruoli prevalentemente commerciali: tradotto in cifre (e oggi lo sappiamo con certezza, non è una nostra supposizione) le sostituzioni sono una ogni dieci esodati.
L'ottimismo che trapela dai comunicati dei sindacati firmatari stride con la realtà lavorativa fatta di organici sempre più ridotti e dei disagi legati all'accentramento dei back office e al pendolarismo.
Tra l'altro vorremmo capire perché, se un pagamento di utenza può essere scannerizzato e mandato a chilometri di distanza, è necessario deportare decine di lavoratori in 16 poli di back office anziché avere un maggior decentramento. O ancora perché, nell'epoca del telelavoro, decine di lavoratori debbano viaggiare da Torino a Milano e viceversa.

Non dubitiamo che molti di coloro che sono stufi di lavorare in questa banca (e sono sempre di più) ed hanno i requisiti per andarsene stiano brindando, ma per chi resta l'ottica è un po' diversa.
La previsione di assunzioni a tempo determinato per la sostituzione delle maternità, oltre che per la fase della migrazione, è la dimostrazione che la situazione organici è grave.

A latere dell'accordo, l'azienda ha dichiarato che, "compatibilmente con le proprie esigenze operative" (!), valuterà la possibilità di confermare dopo 2 anni, anziché 4, fino al 50 % degli apprendisti in servizio alla data del 1 Agosto.
Da un lato, seppur timidamente, l'accordo dimostra che era possibile (come da noi sempre richiesto) ridurre il tempo di precariato per questi colleghi.

Dall'altro, paradossalmente, la formula adottata rischia addirittura di peggiorare la situazione, esaltando l'incondizionata discrezionalità aziendale e ponendo gli apprendisti in una condizione di competizione e di ricattabilità ancor più inaccettabile.

E non si pensi che in banca la precarietà non possa essere fonte di abusi. Tanto per fare un esempio, spesso ci imbattiamo in problemi per la fruizione di tutti i giorni di permesso previsti per sostenere gli esami universitari (non solo per gli apprendisti, a dire il vero). 

Ci pare, in definitiva, che questa gestione delle trattative stia portando l'azienda, in forma "morbida", ad ottenere tutto quello che le serve.
Ricordiamo che entro fine anno scadrà il contratto integrativo del Sanpaolo, mentre lo spezzettamento delle trattative per i colleghi delle filiali cedute ha prodotto due accordi scadenti.
Le trattative condotte in questo modo non promettono nulla di buono per il futuro.
Si sta perdendo l'occasione (ma le segreterie delle sigle trattanti non si sono mai poste questo obiettivo) per realizzare una grande vertenza che consenta di ottenere un innalzamento del livello normativo per tutti i dipendenti di Intesa Sanpaolo. E' ormai evidente che i sindacati trattanti hanno rinunciato ad ogni ipotesi di mobilitazione dei lavoratori per ottenere risultati più avanzati.
Eppure i segnali di disponibilità alla lotta dei lavoratori sono stati evidenti: in due contesti diversi, gli scioperi della Cub-Sallca del 28 giugno e, prima, quello dei sindacati tradizionali nella realtà della Carive, hanno visto un largo seguito.

Non ci sono alibi. I lavoratori (ed anche rappresentanti dei sindacati firmatari, che invitiamo a farsi sentire) sono pronti a battersi e, se le cose non cambieranno, torneremo a proporre momenti di mobilitazione, perché la fusione non può essere l'occasione per aumentare solo i profitti di azionisti e manager. I lavoratori possono aspettarsi qualcosa di meglio che cercare di limitare i danni.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni
Intesa Sanpaolo

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