PER UN PAESE MIGLIORE, UN FISCO PIU' GIUSTO, UN LAVORO PIU' FORTE.
E BANCHE MENO ARROGANTI!

Manifestazioni e cortei di Venerdì 18 ottobre 2013
Milano, Largo Cairoli, ore 9,30
Roma, Piazza Esedra, ore 10,00

Lo sciopero indetto dai sindacati di base per il 18 ottobre rappresenta un'importante iniziativa di lotta dopo una fase di grave arretramento nei rapporti di forza tra le parti sociali.
Il governo Letta trascina la sua traballante esistenza appoggiandosi ad un ampio schieramento politico, che ha come unica base comune quello di difendere i privilegi delle classi sociali più abbienti e nello stesso tempo attuare i precetti imposti dall'Europa. Tutto questo si traduce in provvedimenti inaccettabili, che proseguono le politiche di austerità e di massacro sociale dei governi precedenti e che colpiscono sempre e solo lavoratori e pensionati. L'attacco allo stato sociale e la revisione della spesa ci portano a pagare servizi più cari e tasse più alte, mentre gli stipendi ed il loro potere d'acquisto scendono ininterrottamente.
Le politiche attuate si dimostrano gravemente inefficaci: crescita e sviluppo restano un miraggio, la recessione italiana proseguirà anche nel 2014, il debito pubblico è salito a 2075 miliardi di euro, la disoccupazione è al 12% e quella giovanile al 40%. Si calcola che a fine 2013 ci saranno 3.500.000 disoccupati.
Questo disastro non tocca tutti allo stesso modo: aumenta la diseguaglianza economica, la ricchezza si concentra nei decili più alti della scala sociale, c'è chi ha troppo e non vuole pagare nulla, c'è chi non ha niente e gli viene chiesto di pagare ancora.
Tutto ciò è intollerabile. Chi lavora non ha rappresentanza, i sindacati confederali Cgil-Cisl-Uil firmano documenti comuni con la Confindustria, poi insieme ai sindacati autonomi firmano con la controparte accordi indecenti, per impedire ai lavoratori di eleggere i propri rappresentanti e tenere fuori dal recinto i sindacati di base.

Per questo sono particolarmente importanti gli obiettivi che lo sciopero dei sindacati di base persegue:

  • difesa dell'occupazione stabile e di qualità, contro lo smantellamento in atto dell'apparato produttivo e la precarizzazione dilagante, dal pacchetto Treu in poi;
  • difesa del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni, a fronte di contratti bloccati nel pubblico impiego dal 2007 e rinnovati nel privato con aumenti risibili, riassorbiti subito da altri istituti come gli Enti Bilaterali o tagli su altre voci;
  • difesa della previdenza pubblica e ritorno ad un'età pensionabile ragionevole, anche per sbloccare assunzioni e turn-over;
  • rilancio della spesa pubblica qualificata, a presidio del territorio, dell'ambiente, dell'edilizia scolastica, contro il degrado dell'eco-sistema e del sistema dell'istruzione, risparmiando su spese belliche (F35 e interventi militari) e opere inutili (Tav).
  • presidio del servizio pubblico per garantire i diritti di base, da quelli sanitari a quelli formativi, dai trasporti all'assistenza sociale contro disoccupazione e povertà;
  • politiche abitative e diritto alla casa, a fronte di 650.000 famiglie sotto sfratto e 500.000 famiglie in difficoltà per il pagamento del mutuo;
  • revisione dell'attuale esenzione totale dell'Imu sulle prime case, in modo che vengano tassate le case di lusso, anziché vedersi riprendere con la Service Tax quanto ci hanno fatto risparmiare sull'Imu; forte tassazione progressiva per chi possiede più immobili;
  • politiche fiscali radicalmente diverse, che spostino il peso fiscale dal lavoro e dalle pensioni ai capitali e ai patrimoni; chiediamo di abbassare le aliquote dell'Irpef e delle addizionali locali sui redditi da lavoro e da pensione;
  • tassazione di tutti i patrimoni con imposte strutturali e unificazione delle aliquote sulle rendite finanziarie, in misura omogenea, alzando al 20% anche l'aliquota sui titoli di stato;
  • per la democrazia sindacale, elezione dei rappresentanti e delle delegazioni trattanti, no all'accordo blindato sulla rappresentanza siglato il 31/05/2013, mai votato o discusso dai lavoratori;
  • per i diritti dei lavoratori migranti, che sono ormai parte del nostro tessuto produttivo e che devono essere tutti messi in regola, per impedire alle imprese di usarli in funzione di ricatto verso gli altri lavoratori.

Le difficoltà del periodo hanno colpito nel suo insieme anche il comparto finanziario: il settore assicurativo con ristrutturazioni e crisi aziendali (Fonsai) e il credito con numerose banche in affanno.

In banca poi questo sciopero assume un significato diverso dopo la disdetta del CCNL da parte dell'Abi avvenuta il 16 settembre scorso.

Lo strappo che l'Abi ha voluto intenzionalmente provocare è un'evidente dichiarazione di guerra rispetto alle condizioni contrattuali vigenti nel nostro settore. Le banche intendono scaricare sui lavoratori e sul contratto i loro gravi errori gestionali, che le hanno portate ad accumulare 140 miliardi di crediti inesigibili e a far deflagrare pesanti crisi aziendali, ormai a tutti ben note (Banca MPS, Carige, Banca Marche, ecc.).

Dall'alto dei loro milioni di emolumenti, che trovano sempre modo di aumentarsi, i banchieri chiedono rigore e tagli dei salari per dipendenti che guadagnano l'1% di quanto percepiscono loro. Dopo aver sostenuto fino in fondo i vertici della loro categoria, ora finiti sotto varie inchieste amministrative e penali, i banchieri chiedono ai lavoratori di farsi carico del risanamento.

Vogliono recuperare profitti azzerando gli inquadramenti, spaccando la categoria tra chi lavora in rete (da pagare ad incentivi) e chi no (da pagare di meno e basta!), cancellando il contratto nazionale e riducendo l'integrativo a strumento per derogare in peggio.

Non abbiamo intenzione di accettare questo percorso. Se non li fermiamo, i banchieri chiederanno sempre di più. Le promesse che Abi e sindacati firmatari hanno usato per fare approvare dalla categoria il loro pessimo CCNL (quello del 19/1/2012) si sono dimostrate false.
A fronte delle 30.000 ipotetiche nuove assunzioni nell'arco di validità del nuovo contratto, abbiamo visto perdere 5.800 posti di lavoro nel solo 2012. Dal 2009 al 2012 sono stati 30.000 i posti di lavoro persi nel settore. Nessuna lavorazione è rientrata, sono proseguite come e più di prima le esternalizzazioni, così come i tentativi di escludere dal perimetro contrattuale numeri sempre più ampi di lavoratori, mentre anche l'estensione degli orari ha significato solo terribili disagi per chi lavora e disservizi per la clientela.

I sindacati firmatari fingono di cadere dalle nuvole, attaccano l'ABI e preannunciano scioperi, ma non possono illudersi di recuperare in questo modo la credibilità perduta.

Non dimentichiamo che 18 mesi fa hanno firmato un contratto senza mandato, su una piattaforma totalmente diversa da quella approvata, accettando un testo scritto sotto dettatura di Micheli. Non dimentichiamo le falsità e le acrobazie tese a dimostrare come l'accordo fosse stato approvato, mentre la verità era un'altra. Non dimentichiamo che hanno negato l'evidenza, rifiutato di rendere trasparenti i risultati delle assemblee, e che continuano ad arrogarsi il diritto di rappresentarci senza mai avere svolto delle libere elezioni democratiche.

Non abbiamo alcuna intenzione di dare una delega in bianco ai sindacati firmatari, chiediamo assemblee capillari per discutere della situazione, la stesura di una piattaforma condivisa e votata dai lavoratori, l'apertura di una mobilitazione convinta e determinata per fare recedere l'ABI dai suoi propositi bellicosi.

Non intendiamo recedere dai nostri diritti, semmai vogliamo conquistarne di nuovi, recuperare il tempo ed il terreno perduti, ripristinare quello cui abbiamo dovuto rinunciare con il precedente contratto, a partire dalla tabellizzazione degli aumenti e la loro inclusione nel TFR e nella previdenza complementare.

Le banche devono recuperare la loro redditività non sulla pelle dei dipendenti, ma attraverso piani industriali espansivi, che puntino ad aumenti dei ricavi e del fatturato e prevedano il ritorno ad un ruolo positivo di intermediazione creditizia e l'abbandono di modelli di business basati su trading e finanza e su pratiche commerciali predatorie.

Va ricostruito un modello di banca sostenibile, dove il lavoro possa tornare ad essere dimensione professionale soddisfacente, dignitosa, utile alla crescita economica e sociale del territorio e del Paese.

Anche per questo sciopereremo il 18 ottobre. Per i nostri interessi, per il nostro futuro, per aziende bancarie più sane, in un paese più giusto.

Lo sciopero è, come sempre, regolarmente preavvisato secondo la normativa vigente nei servizi di pubblica utilità, compreso il settore bancario. Copia dei messaggi di preavviso può essere recapitata a chiunque ne ravvisi la necessità.

Partecipate numerosi alle manifestazioni

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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