referendumlavoro Sta per partire la raccolta firme su due temi, uno meno conosciuto e l'altro ben noto.
Il primo quesito riguarda la contrattazione collettiva e chiede l'abrogazione dell'articolo 8 del decreto legge del 13 agosto 2011, n. 138, (titolato "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo"), poi convertito in legge.
Si tratta della norma che, in buona sostanza, consente di fare accordi aziendali peggiorativi del contratto nazionale e, in alcuni casi, persino di derogare alle norme di legge.
Venne approvata sotto il governo Berlusconi ma il ministro Fornero è una convinta fan della legge.

Riguardo le sue applicazioni le stiamo scoprendo sulla nostra pelle giorno per giorno. Volendo fare un esempio per restare nel settore bancario, si pensi all'orario di sportello dalle 8 alle 20, previsto dal nuovo contratto nazionale, che però consente accordi aziendali per allargare l'orario stesso dalle 7 alle 22.
L'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori è invece stato oggetto di un colpo di mano, a fine giugno 2012, da parte del governo e dei partiti della maggioranza che lo sostengono, che hanno pesantemente messo a rischio le tutele contro i licenziamenti. Il provvedimento è passato quasi inosservato, grazie ad un'abile regia mediatica, che ha fatto credere che le modifiche ottenute dal PD avessero "salvato" l'art.18.
Al contrario, l'art.18 è stato pesantemente manomesso e già alcuni casi confermano che le aziende tentano di levarsi dai piedi lavoratori scomodi, per tanti motivi, mascherando i provvedimenti sotto forma di licenziamenti economici o disciplinari.
E' infatti il caso di ricordare che l'art. 18 non ha mai impedito la "libertà di licenziare", ma è unanorma di civiltà tesa ad impedire licenziamenti individuali discriminatori, anche se presentati sotto altre vesti. Inoltre è un'autentica provocazione, da parte di un governo "tecnico", che dovrebbe reggere le sorti di un paese in difficoltà, introdurre in un periodo di recessione una norma che favorisce i licenziamenti.
I referendum, promossi da varie forze politiche, sociali e sindacali, hanno il merito di riportare attenzione sull'argomento e possono essere l'occasione per riflettere su provvedimenti la cui gravità non era stata colta al momento della loro approvazione.
Nel caso dell'art.18 l'unica reazione fu lo sciopero generale del 22 giugno indetto dal solo sindacalismo di base.
Si deve fare di più: dalla consapevolezza delle misure profondamente ingiuste assunte da un governo al servizio delle oligarchie deve nascere la reazione dei lavoratori e delle categorie colpite da queste politiche.
Nel titolo diciamo che i referendum non bastano e questo per diversi motivi:

  • perchè nel 2013 ci saranno elezioni politiche ed i referendum non potranno tenersi prima del 2014;
  • perchè è sempre difficile raggiungere il quorum;
  • perchè, a rigor di logica, una norma di civiltà come l'art.18 che tutela dai licenziamenti discriminatori è una norma "universale" e come tale non sottoponibile ad una valutazione "a maggioranza".

Sappiamo però come la crisi, peraltro provocata proprio dalle politiche delle oligarchie finanziarie, stia producendo un imbarbarimento sociale ed un attacco senza precedenti al mondo del lavoro.
Da questo punto di vista la raccolta delle firme sui due quesiti deve diventare l'occasione per riaprire il dibattito sulle scelte del governo e sulla possibilità di costruire un'alternativa alle sue politiche.
Sarà nostra cura segnalare le iniziative di raccolta firme del Sallca, dare indicazioni generali e continuare a dare informazioni sul merito dei quesiti referendari.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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