Si è conclusa come da copione anche la procedura "Tensioni occupazionali" nel Gruppo UBI Banca. L'accordo è un capolavoro d'ipocrisia malcelata, sulla falsariga di quelli che lo hanno preceduto in altre realtà. Quello che emerge è che l'azienda aveva bisogno di conseguire il previsto risparmio di 70 milioni di euro e con le buone o con le cattive l'ha ottenuto. Aveva individuato una platea ben definita di lavoratori (i 500 che avevano maturato o matureranno a breve il diritto alla pensione) e quella se ne andrà. L'accordo prevede, di fatto, l'obbligatorietà all'uscita.       

Il protocollo, molto articolato, prevede che i lavoratori che accetteranno consensualmente la risoluzione del contratto  con uscite, accompagnamento o accesso al fondo esuberi (previste a partire dal 1 luglio 2010 fino al 1 ottobre 2010) riceveranno da 2 fino a 12 mensilità a titolo d'incentivo. In tutti i casi, se non fossero in numero adeguato rispetto alle previsioni, l'azienda procederà alla risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro al raggiungimento, tempo per tempo, dei requisiti pensionistici. Tradotto: saranno licenziati.

Molti lavoratori potrebbero stupirsi che, in una banca sull'orlo di una crisi di nervi, ci possano essere degli "irriducibili" che non vogliono andarsene. Noi riteniamo che nessuno possa entrare nel merito delle scelte individuali, tanto più che non esiste una emergenza occupazionale, come i lavoratori ben sanno, vista la carenza cronica di organico, soprattutto nelle filiali. Certo nessuno/a resta su una strada, ma è comunque grave che vengano accettati accordi che creano un pericoloso precedente (peraltro non l'unico nel settore).

In contropartita alle 500 uscite l'azienda si è impegnata a stabilizzare 550 contratti non a tempo indeterminato. Sarà possibile una seria e rispondente verifica? Ce lo auguriamo, visto che questa è l'unica parte condivisibile dell'accordo e che a tal fine è stata istituita una commissione paritetica.

Ci chiediamo poi con quale faccia l'azienda abbia chiesto e ottenuto questi licenziamenti (e pare voglia evitare l'erogazione dei premi aziendali ai dipendenti con una sorta di gioco delle 3 carte fatto con le poste di bilancio), quando i numeri sono sotto gli occhi di tutti: ci sono gli utili, c'è il dividendo, ci sono gli emolumenti milionari (a proposito di premio aziendale: con un dividendo unitario inferiore di 4 centesimi si recuperavano risorse per oltre 25 milioni euro).

E non è finita: l'azienda impone una razionalizzazione della rete attraverso la chiusura di filiali e minisportelli e la trasformazione di piccole filiali in minisportelli, determinando una caduta del livello di servizio e disagi ai lavoratori in materia di mobilità.   

La beffa maggiore di questa storia risiede nel fatto che, nella premessa all'accordo, viene citato uno stato di crisi che ha determinato "pesanti ripercussioni sotto il profilo dei livelli di redditività e produttività". Questo vale, però, solo per i lavoratori, che devono accettare uscite forzose e tagli di punti operativi, ma non per i vertici aziendali: un interessante articolo del Corriere della Sera del 23 aprile ricordava i costi del "poltronificio" determinato dal modello federale del gruppo: 450 tra amministratori, sindaci e manager per una spesa totale di 42 milioni di Euro. Gli emolumenti dei soli amministratori e sindaci equivalgono all' 1,55% dell'intero costo del lavoro.

Ebbene, dopo gli altisonanti proclami e le dichiarazioni di guerra lette sulla stampa, si è assistito molto più prosaicamente ad una mesta ratifica, come ormai tradizione , delle volontà aziendali da parte delle OO.SS. trattanti. Vogliamo ricordare che sono i lavoratori che hanno la responsabilità delle scelte che riguardano il proprio futuro. Lasciarlo nelle mani dei sindacati firmatari di accordi simili equivale a rinunciare ad essere attori del proprio destino e ad avviarsi docili come agnelli alla mattanza.

A questo punto sta a VOI scegliere: o continuare sulla strada della passività e della rassegnazione o reagire per costruire una alternativa e darsi una speranza.

Vi proponiamo di costruirla insieme a noi del S.A.L.L.C.A.  Sindacato Autorganizzato delle Lavoratrici e dei Lavoratori del Credito e delle Assicurazioni. Un sindacato di base (l'unico attivo nel settore)  aderente alla C.U.B., Confederazione Unitaria di Base operante nel nostro paese in tutti i principali comparti produttivi, pubblici e privati.

E' il 1999 l'anno nel quale viene firmato, da tutti gli altri sindacati dei bancari (confederali ed autonomi), quel disastroso Contratto Nazionale che ha rappresentato un autentico punto di svolta nella storia della categoria. Ed è sull'onda dell'opposizione a quel contratto che decine di quadri sindacali e centinaia di lavoratori, valutata ormai conclusa la battaglia per cambiare dall'interno i sindacati esistenti, decidono di unirsi ad una sigla già esistente nella CUB e, con il nuovo nome di Sallca, danno vita ad un nuovo soggetto sindacale nel settore.

Da allora ad oggi, i fatti hanno confermato la correttezza delle nostre analisi e della nostra scelta. Il peggioramento delle condizioni di lavoro e dei livelli salariali è evidente; i diritti e l'unità della categoria sono costantemente sotto attacco; in un sempre maggior numero di aziende i sindacati "firmatari" servono solo più a ratificare i "piani industriali" che si susseguono e che, di volta in volta, prevedono tagli occupazionali, esternalizzazioni, cessioni di sportelli, mobilità e flessibilità aggiuntive. La sconfitta del '99 fu giustificata con l'esigenza di far fronte al pericolo di crisi occupazionali e di ottenere il "Fondo Esuberi". La realtà ha dimostrato come, nella maggior parte dei casi, il "Fondo Esuberi" si sia rapidamente trasformato in un "fondo per la rottamazione" di lavoratori "vecchi" (costosi e tutelati) con altri più giovani (più flessibili, meno pagati, più condizionabili). 

Permane, inoltre, nel settore, un grave problema di ordine democratico. Come noto, i bancari e gli assicurativi sono (con i marittimi…) l'unica categoria di lavoratori che non ha ancora mai potuto eleggere i sindacalisti attraverso la costituzione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (R.S.U.). Mentre alla Fiat (per fare l'esempio di un'azienda dove il "clima" sindacale non è certo facile..) si è già giunti al terzo rinnovo triennale di queste strutture, da noi niente. Tutti i sindacalisti continuano ad esserlo per "nomina regia" e mai nessuno ha potuto sceglierli e votarli.

Un'autentica vergogna, la cui responsabilità grava interamente sulle Organizzazioni Sindacali firmatarie dei contratti.

Ciononostante, il sindacato di base è in crescita, come confermano anche i nostri recenti successi nelle elezioni per Cassa Assistenza e Fondo Pensioni Sanpaolo, e si propone come alternativa ai sindacati tradizionali.

Siamo in grado di offrire molti dei tradizionali "servizi" (dalla "polizza del cassiere" all'assistenza fiscale) anche se restiamo fedeli all'idea che ai sindacati si aderisce per convinzione e non per queste cose (e, infatti, non chiediamo tessere in cambio).

Proponiamo ai lavoratori un "modello" di sindacato assai diverso da quello (verticistico, burocratico, lontanissimo dalla realtà di lavoro quotidiana) che si sono abituati a conoscere in questi anni.

Il consenso che registriamo è in costante aumento e, oggi, il S.A.L.L.C.A.-C.U.B. è presente in tutte le principali banche del paese (Intesa Sanpaolo, Unicredit, BNL) e, seppur in misura più limitata, in altre aziende di minori dimensioni.

Ma per far crescere più rapidamente la nostra capacità di intervento abbiamo la necessità di estendere la nostra rete di contatti. Quindi, se ti interessa essere informato delle nostre iniziative e ricevere i nostri volantini, mettiti al più presto in contatto con noi.

Il sindacalismo di base vive della partecipazione e del sostegno

delle lavoratrici e dei lavoratori.

Per contatti: 3473069086

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Credito e Assicurazioni

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