Intesa Sanpaolo premia i dipendenti: uno su mille ce la fa

Alcuni anni fa, quando Intesa era ancora Intesa, portammo come Cub-Sallca la banca in tribunale. Nel sistema incentivante del 2004 aveva esplicitamente scritto che il 25% dei dipendenti doveva vedersi assegnata una valutazione insufficiente, in modo da perdere il diritto al premio incentivante.
Il pretore ci diede ragione e ritenne inammissibile la disposizione aziendale, invitandola a ritirarla. Intesa fece buon viso e cattivo gioco, derubricando la direttiva a mera "indicazione statistica", in modo da guidare i direttori, con discreta ma insistente "persuasione morale", ad ottenere lo stesso risultato, lasciando a secco un buon quarto dei collaboratori.
Naturalmente il lupo perde il pelo, ma non il vizio, e visto che siamo in primavera, è ora di parlare nuovamente di premi e di incentivi. Entro giugno verrà distribuito il premio incentivante 2007. Il primo della nuova serie, quello unificato tra Intesa a Sanpaolo. Intanto è già in pista il sistema 2008, che si presenta proibitivo come il precedente.

Conviene prima fare una premessa. Non ci ha mai entusiasmato il sistema incentivante, né nella versione Intesa, né nella versione Sanpaolo: è noto che Modiano ha sempre considerato inutile un sistema che finiva per premiare il 95% dei colleghi; anche lui premeva per uno schema molto più selettivo. E' evidente che l'azienda, ogni azienda, punta ad assegnare un valore "educativo" al sistema premiante, lo utilizza per orientare l'agire individuale, per creare una "seconda natura", un ambiente favorevole ai propri obbiettivi, un clima culturale e sociale in cui abbia diritto di cittadinanza solo la necessità di fare profitto e conseguire il budget.

Noi abbiamo sempre contrastato il diffondersi di questo tipo di cultura e abbiamo sempre insistito sulla necessità di dare battaglia su questo terreno. E' ovvio che qualsiasi impresa commerciale tende a incentivare le vendite, ma noi vendiamo una merce particolare: la conservazione, la difesa, la valorizzazione del risparmio e il suo utilizzo per una sana crescita economica. Abbiamo in mente un modello di sviluppo etico e sostenibile, un rapporto con la clientela ispirato alla fiducia e convenienza reciproca, una relazione confidente di lungo periodo.

Tutto ciò è in profondo contrasto con la realizzazione di elevati profitti immediati e con le dinamiche perverse che ispirano oggi la finanza. Opporsi con la massima determinazione al sistema incentivante non è l'espressione di un rigurgito passatista e di una mentalità premoderna, ma la richiesta ferma e convinta della necessità di una svolta profonda nei meccanismi di funzionamento del sistema cui apparteniamo, l'unica in grado di ricostruire un rapporto di fiducia con la platea dei risparmiatori e degli utenti, così delusi e sfiduciati dal trattamento subito in questo ultimo decennio.

Il sistema incentivante è dunque da abolire, così come il tentativo di trasformare i dipendenti bancari, soprattutto quelli dedicati alla vendita di prodotti finanziari, in imprenditori di se stessi, dotati di obiettivi, premi e corrispettivi individuali e variabili.

La necessità di quanto sosteniamo è particolarmente evidente quando ci si addentra nei meccanismi tecnici che governano lo schema del premio incentivante. Non finiamo di stupirci, anno dopo anno, per la complessità e la perversione che contraddistinguono l'impianto del sistema, le astrusità del funzionamento, la mole imponente di attività amministrative necessarie per garantirne l'applicazione. Risorse e competenze che potrebbero essere applicate in modo assai più serio ed efficiente su altri campi, per promuovere una migliore qualità del lavoro e una formazione professionale più adeguata ai colleghi, anziché essere usate per tenere alta la competizione tra lavoratori, tra filiali, tra Aree, con la promessa aleatoria di quattro soldi in più, ad appannaggio peraltro di esigue minoranze che sfruttano il lavoro altrui per benefici personali.

Il sistema incentivante 2007, che andrà in pagamento entro giugno 2008, rischia di rivelarsi pieno di sorprese, molto amare per i più. Parliamo di un anno in cui la banca ha conseguito plusvalenze straordinarie e utili elevati, difficilmente ripetibili in futuro, per i noti eventi legati alla crisi finanziaria, al crollo del risparmio gestito, alla legge Bersani, alla direttiva Mifid, agli scandali derivati e così via.

Ebbene, per il 2007, un anno eccezionale, la maggior parte dei colleghi rischia di non andare a premio. Il sistema vigente per la Banca dei Territori è articolato su un Premio Base ed un Premio Individuale. Il Premio Base scatta quando viene raggiunta una soglia minima predefinita di un indicatore composito, sintesi di una serie di obiettivi individuali assegnati ad ogni figura professionale. Questa soglia minima è individuata nel 90% per le filiali Retail e Private, nell'80% per le Filiali e i Centri Impresa: risultati spesso irraggiungibili, data la numerosità e la tipologia degli obiettivi perseguiti: volumetrici, reddituali, qualitativi. Inoltre, occorre sempre un risultato significativo in percentuale del Margine di Intermediazione ante Rettifiche (95% filiali Retail, 90% Filiali Imprese). E' cioè necessario guadagnare in conto economico, ma può anche non essere sufficiente, perché la crescita deve essere sostenibile (nuovi clienti, nuove A.F.I., nuovi affidamenti, ecc.).

La richiesta di uno sviluppo sostenibile, condivisibile anche da lavoratori e sindacato, è stata qui rovesciata dall'azienda nel suo contrario: viene addossata ai lavoratori la responsabilità di lavorare in quella direzione, ma con gli strumenti e le politiche commerciali tradizionalmente aggressive e predatorie che caratterizzano gli ultimi anni. Ai lavoratori viene così opposta una serie di nuovi paletti che, insieme a target di risultato irrealistici perché troppo "sfidanti", rendono sempre più arduo il raggiungimento degli obiettivi e impossibile il conseguimento del premio.

Qualora questa serie di filtri non sia sufficiente a scoraggiare i lavoratori, scatta anche il calcolo del Premio Individuale. Nel caso che l'Unità Organizzativa di appartenenza abbia raggiunto il 95% del Margine di Intermediazione già citato, il Capo ha a disposizione una cifra totale (pari al 15% dei premi individuali conseguiti), da redistribuire a suo piacimento ai Collaboratori che "abbiano fornito contributo distintivo", attestato dalla valutazione della prestazione individuale. Qui l'arbitrarietà dell'Azienda raggiunge il suo culmine, attribuendo al Direttore un forte potere discrezionale per premiare quelli che hanno "collaborato di più".

Dulcis in fundo, se la Banca dei Territori non raggiunge almeno l'80% dell'obiettivo di E.V.A. (un altro indicatore economico molto di moda), è prevista una riduzione del premio pari al 5% per le Aree Professionali e i Quadri, del 20% per i Dirigenti. Nei servizi centrali potrebbe andare anche peggio: il mancato raggiungimento degli obiettivi comporta la revisione al ribasso di molti giudizi di valutazione, quindi niente soldi, brutti voti e tutti dietro la lavagna.

In conclusione, assisteremo ancora ad uno spettacolo per pochi intimi, in cui la vecchia indicazione di Intesa di non mandare a premio il 25% dei dipendenti viene superata in progressione geometrica, con grandi risparmi in conto economico. La maggioranza del personale non prenderà nulla, una ridotta minoranza prenderà poche centinaia di euro ed una schiera molto esigua di Dirigenti e Quadri d'elite otterrà prebende superiori a decine di migliaia di euro, con alcune punte sopra le centinaia di migliaia. Sarebbe interessante, a questo proposito, che la presunta trasparenza del sistema premiante si traducesse nella comunicazione pubblica dei dati, almeno disaggregati per classi omogenee. Un'iniziativa molto più utile di quelle Indagini di Clima che, recentemente, hanno segnalato proprio nella nostra azienda una forte degradazione della qualità del lavoro e della serenità dei rapporti professionali che vi si instaurano.

Un clima aziendale pesante che sta provocando una frana dei risultati e una fuga di massa da parte di molti colleghi, che trovano opportunità alternative in strutture più vivibili e sopportabili. Sarebbe ora che qualcuno (l'azienda, ma anche i sindacati che il 5/6/2007 avevano firmato l'accordo sul sistema incentivante, nonostante oggi affermino il contrario) si rendesse conto dell'urgenza e della gravità dei problemi e provasse ad affrontarli davvero: non per replicare un sistema incentivante obsoleto e lacerante, ma per ricostruire un ambiente di lavoro decente, che valorizzi professionalità e competenze nel lavoro di squadra, che trattenga i meritevoli e sia in grado di motivare i lavoratori demoralizzati da politiche di vendita aggressive, ripetute senza soluzione di continuità.

 

C.U.B.-S.A.L.L.C.A.
Intesa Sanpaolo

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